Il sindaco e l’«obbligo» di non far cadere Letta I timori sulle Europee

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Il sindaco di Firenze è impegnato su più fronti contemporaneamente e per lui non è facile destreggiarsi in questi frangenti, con un partito che si è rivelato spaccato e rissoso come non mai. Ci sono le primarie, innanzitutto. Il rischio, secondo gli ultimi sondaggi, è che non si arrivi neanche a quota due milioni di elettori, ma che ci si fermi a un milione e mezzo. Grosso modo la metà dei votanti di Walter Veltroni e Pier Luigi Bersani. Del resto, più continuano le polemiche e le insinuazioni sul tesseramento, più la gente è respinta dall’idea di avvicinarsi ai gazebo. E non giova ad aumentare l’appeal di queste votazioni popolari la presa di posizione di Prodi. Perciò il sindaco insiste sull’importanza delle primarie. Renzi, comunque, punta a vincere la partita con Cuperlo anche tra gli iscritti, nei circoli. Che, però, in molti casi sono rimasti chiusi questo fine settimana e, quindi, non hanno proceduto a fare nuovi tesseramenti, visto che dal Nazareno non è arrivata la richiesta ufficiale di rimanere eccezionalmente aperti nel weekend: meglio non aprire troppo le porte del partito, come chiede invece il sindaco.
Ma questo è solo uno dei tanti problemi di Renzi. I guai veri arriveranno dopo l’8 dicembre. Infatti, se non si andrà a votare in tempi brevi il neo segretario dovrà stare attento a non farsi logorare. E non sarà facile. Questo lo sa bene anche lui. «Perciò — ha spiegato a un ristretto gruppo di fedelissimi — non sarò certo un segretario che si farà vedere spesso al Nazareno». È il motivo per cui ha deciso di correre per la riconferma alla poltrona di primo cittadino del capoluogo toscano. Meglio muoversi da Palazzo Vecchio che restare «chiuso» nella sede nazionale del partito, dando l’immagine del «politico burocrate». Questa è la stessa ragione per cui Renzi cercherà di tenersi lontano dai cosiddetti «pastoni» dei telegiornali. Non vuole essere irregimentato tra i tanti volti della «casta» politica che appaiono quotidianamente sugli schermi tv: «Non sarò un amministratore di condominio che deve regolare le divisioni tra le correnti». Tanto più che sia Silvio Berlusconi che Beppe Grillo stanno dimostrando già adesso di volersi giocare la carta dell’anti politica. E Renzi non vuole farsi schiacciare su questo fronte. Benché sappia bene che la sua strada sia stretta, perché c’è di mezzo il governo, che è presieduto da un esponente del Partito democratico. E non può essere certo lui a far saltare questo esecutivo: «Non farò mai niente di men che leale nei confronti di Enrico: gliel’ho ripetuto tante volte e Letta sa che è vero». Quindi, come ha spiegato ai suoi: «Si va avanti, finché questo governo ha delle cose da fare. E ce ne sarebbero tante, a partire dalle riforme strutturali senza le quali il Paese non riuscirà mai a ripartire. Il problema non è la stabilità come bene in sé, e le larghe intese non sono la prospettiva politica del Partito democratico, come, d’altra parte, ha avuto modo di dire più volte lo stesso Letta. Ma ora siamo in un passaggio eccezionale».
«Passaggio eccezionale» che entusiasma sempre meno sia Renzi che gli elettori del Pd (sarà per questa sintonia che, dopo una battuta d’arresto nei sondaggi, ora le ultime rilevazioni danno il sindaco di Firenze di nuovo in forte crescita?). Ma certo di staccare la spina a Letta non si parla proprio. Questo Renzi non può farlo. Anche se gli comporterà un bel problema in vista dell’inevitabile appuntamento elettorale delle europee. Non sarà facile fare campagna con Grillo e Berlusconi che spareranno a zero contro il governo e riuscire a portare voti al Pd per dimostrare che sotto la sua gestione il partito può riprendersi. E questo è un altro rovello che assilla il sindaco. «Ma — si osserva nell’ entourage di Renzi — se il Cavaliere decidesse di staccare la spina per il governo sarebbe difficile sopravvivere, anche con l’appoggio di Alfano e dei suoi». Già, e in quel caso per il sindaco sarebbe facile non logorarsi…
Maria Teresa Meli


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