Responsabilità civile, un ddl riapre il caso

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ROMA — Non è la responsabilità civile “diretta” dei giudici. Quella che vorrebbero Berlusconi e i Radicali. Per ora sono solo due articoli che prevedono sempre quella “indiretta” delle toghe — quindi lo Stato copre ugualmente le spese — se, nel loro lavoro, finiscono per violare le regole comunitarie, oltre a quelle italiane. Una carenza del nostro ordinamento, perché la legge Vassalli dell’aprile 2008 riguarda solo gli sbagli rispetto alla legge italiana. Carenza costata all’Italia una procedura di effrazione della Corte di giustizia della Ue che ha sede nel Lussemburgo e che risale ormai al 24 novembre 2011.
Adesso ecco due articoli, contenuti nella legge Comunitaria per il 2013, approvati ieri a palazzo Chigi su proposta del ministro per gli Affari europei Enzo Moavero. D’accordo anche Giustizia e Interni. Assente Anna Maria Cancellieri perché operata al braccio a Milano, è il titolare dell’Interno Angelino Alfano, nonché vice premier, che vanta il successo del ddl. Testo di «grande importanza» perché «adegua la nostra disciplina nazionale alla giurisprudenza comunitaria». Il Pd subito frena e mette i puntini sulle “i”. Il responsabile Giustizia Danilo Leva precisa che il testo del governo Letta riguarda «i casi di manifesta violazione del diritto europeo per dolo o colpa grave». Niente responsabilità civile diretta, questo è il punto. Subito interrogato, anche il presidente dell’Anm Rodolfo Maria Sabelli legge il testo e tranquillizza chi invece si preoccupa: niente di allarmante, è solo «un adeguamento della legge italiana alle prescrizioni delle sentenze della Corte del Lussemburgo».
I due articoli, del resto, non lasciano adito a dubbi. «Lo Stato è obbligato a risarcire il danno che, in pregiudizio di situazioni giuridiche soggettive, consegue alla violazione grave e manifesta del diritto comunitario da parte di un organo giurisdizionale di ultima istanza, sempre che, quando ne ricorrano i presupposti, siano stati esperiti anche i mezzi straordinari di impugnazione». Tre gli anni di prescrizione. Quindi: paga lo Stato, non il magistrato, esattamente com’è adesso; la violazione deve riguardare il diritto comunitario ed essere «grave e manifesta».
Siamo ben lontani dal blitz del leghista Gian Luca Pini che, all’inizio del 2012, in pieno governo Monti, tentò di adeguare le norme italiane infilandoci dentro però la responsabilità “diretta”, non solo in caso di dolo o colpa grave, ma anche «per la manifesta violazione del diritto». Il Pdl era ovviamente d’accordo, ma in aula alla Camera il progetto fu stoppato e si arenò. Ma i berlusconiani, lealisti o alfaniani che siano, non hanno mai rinunciato, tant’è che l’ex premier ha firmato i referendum dei Radicali, tra i quali c’è anche quello sulla responsabilità civile diretta.
È evidente che il testo del governo riapre la partita, con un Pdl letteralmente “assatanato” contro i giudici in difesa di Silvio. È ben facile immaginare che, non appena il testo approderà in aula, subito ci sarà una pioggia di emendamenti, e tra questi sicuramente quelli a favore della responsabilità “diretta” dei magistrati. Peraltro in Parlamento, sia alla Camera che al Senato, giacciono proposte di riforma, tra cui quella del Pd che già in settimana sarà messa in discussione da Donatella Ferranti, la presidente della commissione Giustizia. In commissione c’è anche la richiesta dell’alfaniano Enrico Costa che chiede un’indagine conoscitiva su come è stata attuarta la legge Vassalli. Si riaccenderà il solito scontro tra chi, a destra, vuole i giudici sotto la spada di Damocle di una responsabilità diretta, e chi pensa a strade meno dirompenti, ma che sicuramente accentuino la responsabilità delle toghe.


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