Il Cavaliere ora vuole l’«Italia dei competenti»

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E Berlusconi che ha capito (e non da ora) come lealisti e innovatori stiano puntando al dopo-Berlusconi, si è deciso a rottamare gli uni e gli altri. Il primo ciak del progetto lo girerà lunedì prossimo a villa Gernetto, dove riceverà centoventi giovani per parlare del Paese e del futuro.

L’incontro con i 120 «volti nuovi» convocato per lunedì a Villa Gernetto. A Ma la sua idea, vista anche la sua età, non intende far perno sul tema generazionale, è all’«Italia dei competenti» che invece vuole appellarsi, seguendo un percorso tracciato anche grazie agli amatissimi sondaggi. Si vedrà se il piano si rivelerà vincente o velleitario, ma non c’è dubbio che la sequenza delle sue mosse sia stata scandita dai report riservati, usati come una sorta di stella polare.
Il primo passo che gli «chiedeva» l’opinione pubblica era quello di resettare tutto, e Berlusconi l’ha fatto cancellando il Pdl e azzerandone la classe dirigente. Il secondo tratto prevedeva di procedere con gli innesti, e lo sta facendo. È sul terzo punto, sul cosiddetto start up, che per l’ex premier iniziano i problemi. Perché da quegli stessi sondaggi emerge che, certo, il governo non incrocerà l’appeal degli italiani ma è accettato, siccome i cittadini — è questo il punto — non vogliono un ritorno alle urne e la maggioranza degli elettori di centrodestra è contraria a far cadere l’esperimento delle larghe intese.
È «il buio oltre la crisi», così gliel’ha spiegato Alfano, l’horror vacui da cui il Paese vuole sfuggire. Come non bastasse, c’è un altro problema al momento irrisolvibile, legato al fatto che Berlusconi non ha un leader a cui consegnare il progetto in vista delle urne, dato che lui non può ricandidarsi. Così l’operazione «Italia dei competenti» rischia di andare in tilt, sebbene il Paese — seguendo la traccia dei rilevamenti demoscopici — desideri un’altra politica rispetto a «questa politica», che — guarda caso — è proprio l’espressione usata dal Cavaliere per smentire la discesa in campo della figlia Marina…
C’è dunque ancora qualcosa di misterioso nel piano del «presidente rottamatore» che non considera chiuso il suo «ventennio», ma quanto emerge è abbastanza per i lealisti più avveduti, che ieri si sussurravano all’orecchio: «Angelino dovrà farsi subito un partito. Noi dovremo farcelo tra qualche tempo». Se infatti la rottura tra il Cavaliere e gli innovatori è a un passo, ma si gioca sul governo, lo strappo messo in preventivo da alcuni lealisti avverrà in seguito sul partito, quando si capirà che nella futura Forza Italia non ci sarà spazio sufficiente per tutti.
Una cosa per volta, però. Ora il braccio di ferro è con Alfano, che l’altra sera era convinto di poter convincere Berlusconi e invece si è trovato dinnanzi a un muro impenetrabile, un leader impietrito che ormai sprezzantemente chiama i governativi «gli altri» e che ha deciso di rompere con il governo, sulla legge di Stabilità magari o anche sulla decadenza, poco importa. E non c’è stato verso di fargli cambiare idea, Alfano le ha tentate tutte: «Presidente, lei pensa che aprendo la crisi si salverebbe dalla decadenza? Pensa che avrebbe fine la persecuzione giudiziaria di cui è vittima? Insomma, pensa davvero che il nostro sacrificio le gioverebbe?». Se non si fida più di «Angelino», almeno si sarebbe potuto fidare dell’amico di una vita, Confalonieri, che gli ha fatto lo stesso ragionamento.
Invece no, Berlusconi è imperterrito. Ma ecco la «variabile» al suo piano: siccome sa di non poter ottenere le urne, pensa di acconciarsi all’opposizione fino al 2015, facendo intanto con Enrico Letta quello che ha fatto negli ultimi mesi con Monti, additando il governo sulle tasse, criticando l’Unione della Merkel e dei burocrati per incassare un dividendo alle Europee. È un azzardo, visto che quell’area elettorale è presidiata da Grillo. Ma tanto basta ad allarmare il Pd e Renzi, che oggi nei sondaggi del Cavaliere si mostra vincente, perché il sindaco di Firenze non ha mai svolazzato nel Palazzo e dunque non ha piombo nelle ali, per ora. «Ma il discorso è destinato a cambiare appena diventerà segretario del Pd», secondo Berlusconi.
Rottamare il rottamatore. Ma sarà possibile al leader di Forza Italia intestarsi e vincere una simile battaglia, quando verrà escluso dal Parlamento? È questa la scommessa, perciò vuole sfilarsi dal governo e portare a compimento il redde rationem nel partito. E Alfano, che l’ha capito, aspetterà che Berlusconi ufficializzi la sua posizione per sfilarsi a sua volta, siccome è anche per una questione di «dignità politica»: «Non si può abiurare rispetto a ciò che solo un mese fa è stato accettato».
Se così andranno le cose, se non ci sarà una marcia indietro del Cavaliere, resterà solo da capire come si procederà al divorzio: sarà una separazione giudiziale o consensuale? Si andrà allo scontro dei numeri in Consiglio nazionale o gli innovatori non si presenteranno all’appuntamento? Una cosa è certa, i destini di Berlusconi e di Alfano restano comunque incrociati. Perché l’ex premier ricorda che nel 2006 perse le elezioni di 24 mila voti e nel 2013 dello 0,3%. E allora (forse) i due non si diranno addio ma solo arrivederci.
Francesco Verderami


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