A capo dei talebani l’uomo che ordinò di uccidere Malala
Soprattutto uno sviluppo di cui faranno le spese, probabilmente, migliaia di pachistani. Fazlullah è il mandante dell’attacco nel 2012 all’ormai celebre ragazzina-attivista Malala Yousafzai, dopo essere stato — secondo alcuni — l’ispiratore dell’omicidio di Benazir Bhutto nel 2008. È l’uomo che dal 2007 al 2009 ha terrorizzato la remota valle dello Swat, imponendo la sharia più estremista e brutale, decapitando e frustando sulle pubbliche piazze i «peccatori», bruciando i negozi di musica e le scuole non strettamente islamiche e per soli maschi. L’esercito, quattro anni fa, si ritirò dalla valle, sconfitto. Ma per Fazlullah lo Swat non era abbastanza. I suoi tentativi di imporre la sua versione della sharia in un’area sempre più vasta provocarono una vera guerra, con migliaia di morti. Le sue prediche via etere che gli valsero il soprannome di «Mullah Radio» non bastarono a garantirgli il sostegno. Fu cacciato anche dalla sua valle, si rifugiò nel vicino Afghanistan, preparando il ritorno.
Non conosciamo ancora i particolari delle discussioni al consiglio dei Tehrik-i-Taliban Pakistan (Ttp), la «cupola» che riunisce una trentina di organizzazione pachistane. Ma il fatto che siano durate una settimana, e che altri nomi siano stati annunciati e poi smentiti, suggerisce che pieno accordo non c’era tra la quarantina di alti comandanti, riunitisi appena morto Mehsud per eleggere il nuovo leader. Sappiamo però, già da ieri, che il tentativo del premier Nawaz Sharif di lanciare un dialogo nazionale di riconciliazione è ormai carta straccia. Ufficialmente il «processo di pace» con i talebani era partito giovedì scorso e sabato Hakimullah Mehsud, che pur con molte condizioni era «disposto a trattare», avrebbe dovuto incontrare esponenti del governo. Ma poche ore prima della riunione Mehsud veniva ucciso dagli americani. Ora Fazlullah ha dichiarato che non ci sarà nessun incontro nè dialogo. «In nome della pace tutti i governi ci imbrogliano e ci uccidono», ha detto il nuovo Emir, il «principe» del Ttp. «Siamo certi al 100 per cento che il Pakistan ha dato il suo pieno assenso agli attacchi di droni degli Stati Uniti», ha aggiunto riferendosi alle durissime accuse rivolte da Islamabad a Washington dopo l’attacco a Mehsud, che lui ritiene di facciata e pure molti analisti ritengono dirette soprattutto all’opinione pubblica interna. L’obiettivo di Fazlullah, dunque, resta l’abbattimento del governo centrale, la lotta agli infedeli (Usa in testa), e l’imposizione della legge islamica in tutto il Paese. Nell’immediato, ha detto un portavoce dell’Emir, si dovrà vendicare l’omicidio di Mehsud. Probabilmente con una nuova campagna di attacchi.
Cecilia Zecchinelli
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