Il piano per «contenere» il sindaco

by Sergio Segio | 8 Novembre 2013 7:17

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ROMA – È il vincitore annunciato. E scontato. Perciò non si può fare altro che sfregiarlo. Delegittimarlo. Arginarlo. Tentare di renderlo, se non innocuo (impresa improba, visto il personaggio), quanto meno un segretario ridimensionato. Magari votato da poco più di un milione di elettori. Quando quelli di Veltroni e, persino, di Bersani sono stati più di 3 milioni.
Meglio ancora se si riesce a sconfiggerlo almeno sul fronte delle elezioni dei delegati, che riguarda solo gli iscritti. Il fronte anti-Renzi si muove ormai senza remora alcuna: non importa se il Pd resterà ammaccato, quel che conta è che il futuro segretario non ottenga una vittoria indiscutibile. Quindi va bene tutto. Serve soprattutto la drammatizzazione delle tessere gonfiate, che è un ottimo respingente per le primarie che verranno. «Tutto serve per attenuare il successo di Matteo», ironizza Angelo Rughetti. E Antonio Funiciello, responsabile Comunicazione del Pd, richiama tutti all’ordine: «Ragazzi, avete capito bene come funziona il giochetto? Prima tentano di inquinare le primarie, dicendo che chiunque fa votare chiunque, dagli albanesi ai cinesi, persino nelle votazioni riservate agli iscritti, lasciando intendere che alle primarie, quando si presenteranno ai gazebo cittadini che non frequentano i circoli del Pd, può succedere di peggio. Poi tenteranno di sabotarle: meno gente vota meglio è, perché così sperano che Renzi conti di meno».
Il sindaco di Firenze sa bene a che gioco stanno giocando i suoi avversari, ma si rifiuta di sedersi a quel tavolo e non vuole nemmeno vedere quelle carte. «Noi — spiega ai fedelissimi — non ci dobbiamo immischiare in queste storie. Se ci facciamo tirare dentro queste beghe è peggio. Finiamo per sembrare come loro, come quelli che stiamo combattendo politicamente. E invece noi rappresentiamo, anzi, siamo il cambiamento». Il gioco degli avversari è chiaro a Renzi, ma il primo cittadino di Firenze non vuole cascarci, preferisce fare finta di niente, per quanto gli è possibile: «È chiaro che stanno alzando i toni, enfatizzando la storia delle tessere gonfiate perché vogliono che venga meno gente possibile a votare alle primarie. Così pensano che la percentuale di Cuperlo aumenti e che, soprattutto, io venga votato da molta meno gente dei miei predecessori. È una battaglia indecente quella di chi, per combattermi, ha scelto questo campo, e non sto parlando di Gianni, perché è una battaglia in cui si è pronti ad abbattere il Pd pur di farmi la guerra. Si vuole creare un clima per cui la gente pensi: che vado a votare a fare per un partito che fa schifo, che fa le tessere false? Meglio Grillo, meglio astenersi».
È amareggiato e stupito, il sindaco di Firenze, perché non si aspettava tutta questa furia. Eppure tutto di lui si può dire tranne che sia un ingenuo. I suoi sono sul piede di guerra. Lorenzo Guerrini è sicuro: «A questo punto dobbiamo vincere anche la battaglia sui circoli e i segretari provinciali, sennò è un casino». Ma intanto il tam tam per delegittimare le primarie continua indefesso: «Se per avere una gara pulita non valgono nemmeno i 15 euro che si pagano per comprare la tessera — spiega Beppe Fioroni — figuriamoci che competizione sporca si può avere con le primarie in cui bastano due euro per votare».
Già il leitmotiv degli avversari di Renzi è sempre lo stesso. Non riuscendo a batterlo, l’unica è inficiarne la vittoria. E, magari, immaginare una prospettiva diversa. Una scissione a destra, dei popolari di Fioroni, che potrebbero andare con gli «innovatori» del Pdl, nel caso in cui dicessero addio a Berlusconi. E una a sinistra, immagina qualcuno.
Ma da quelle parti tira aria diversa. E tutti guardano a D’Alema, convinti che l’ex premier dopo l’otto dicembre tenterà l’accordo con Renzi. Se non altro perché, come ha ammesso lo stesso Bersani agli amici, da qualche tempo in qua il rapporto di forza nel Pd è cambiato: «Prima era due terzi agli ex Ds e un terzo agli ex Margherita, ora è esattamente il contrario». E se non si vuole fare della sinistra una «bad company» bisognerà trattare con Renzi, assicura un dalemiano di lunghissimo corso. Il quale, forse, non sa qual è la parola d’ordine del sindaco di Firenze: «Se vogliono restare in politica vadano pure in Europa». Come a dire, chi non vuole ancora rinunciare alla politica si acconci a giocarci fuori dall’Italia.
Maria Teresa Meli

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