Un governo debole che però è rischioso mettere in discussione

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La fiducia ottenuta ieri dopo le polemiche sulla scarcerazione di una delle figlie del costruttore Salvatore Ligresti ha dunque evitato una crisi, almeno per adesso. La Cancellieri riemerge dalla vicenda rilegittimata ma anche più esposta alle critiche. E le tensioni non sono finite: tornano a concentrarsi sulla decadenza di Silvio Berlusconi da senatore e sulla Legge di Stabilità. Quanto è successo certifica sia la debolezza dell’esecutivo, sia la difficoltà di affossarlo senza allungare ombre preoccupanti sulla legislatura.
Il ministro della Giustizia aveva messo in chiaro che se fosse stata «d’intralcio» non avrebbe esitato a «fare un passo indietro». Il problema è che le sue dimissioni avrebbero avuto conseguenze che molti, per ragioni diverse, temono; e che il Quirinale vuole scongiurare. Anche perché dopo la Cancellieri sarebbe finito nel mirino politico il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, contro il quale si scagliano i l Movimento 5 stelle e un Pdl che gli rimprovera di mettere in dubbio l’abolizione della seconda rata dell’Imu, la tassa sulla prima casa. Resta infatti un serio problema di copertura finanziaria.
L’abbinamento dei contrasti sulla politica economica e del destino di Berlusconi perpetua una situazione in bilico. La vigilia congressuale del Pd sta avvelenando la situazione interna, fra voci di brogli nel tesseramento e accuse al candidato Matteo Renzi di volere le elezioni a febbraio. Lui e Berlusconi «hanno lo stesso obiettivo», lo attaccano dal Pd. La tattica sarebbe quella di creare un ostacolo quotidiano, nella speranza che prima o poi Letta inciampi e cada in Parlamento. Sono manovre presenti anche nel Pdl, nonostante si parli di una tregua in incubazione fra Cavaliere e vicepremier, Angelino Alfano.
Daniela Santanchè ironizza sulla pace ritrovata con l’ala governativa. «Significa che riscriveremo la legge di Stabilità, faremo la riforma della giustizia e il 27 novembre il Pd non voterà per la decadenza di Berlusconi». La decisione dell’aula del Senato di confermare la data del 27 dà un argomento in più a chi nel Pdl vuole archiviare la maggioranza delle “larghe intese”. È uno «strappo di maggioranza», accusa Raffaele Fitto, capofila degli oltranzisti. Affiora un tentativo di calmare gli animi, ma le cose che dividono sembrano tuttora prevalere, fra riunioni separate e colloqui febbrili.
Il presidente del Consiglio tenta di galleggiare su questi scontri. E offre gli ultimi dati della Commissione europea che a suo avviso «ribadiscono la salute dei nostri conti pubblici». L’Italia, spiega il premier, è «l’unico grande Paese» insieme alla Germania con un deficit stabilmente sotto il 3 per cento del Prodotto interno lordo. Questo dovrebbe «consentire maggiore flessibilità» sugli investimenti. Ma i partiti si stanno già preparando al 27 novembre. E il tema è se la decadenza di Berlusconi segnerà anche la fine del governo, oppure spunterà un’altra maggioranza: tutti scenari sul filo della precarietà.


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