Nel nord è sempre caos Parigi teme il pantano

by Sergio Segio | 5 Novembre 2013 10:20

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PARIGI. Non è arrivata nessuna rivendicazione ieri per l’assassinio di due giornalisti di Rfi (Radio France Internationale), Ghislaine Dupont (57 anni) e Claude Verlon (55 anni), sabato 2 novembre a pochi chilometri da Kidal, nel nord del Mali. Il governo del Mali ha annunciato alcuni arresti, non confermati dai francesi.
La Francia, che aveva previsto in un primo tempo di ridurre la presenza militare in Mali, dai 3000 soldati attuali rimasti dell’operazione Serval (che nel momento culminante all’inizio dell’anno era forte di 5mila uomini) a circa mille per la fine 2013 (data rimandata di recente a gennaio-febbraio), ha annunciato ieri una maggiore visibilità dei propri militari a Kidal, dove sono di stanza circa 200 francesi, accanto ad altrettanti soldati maliani e della forza Onu Minusma. Per il ministro degli esteri, Laurent Fabius, i due giornalisti, grandi conoscitori dell’Africa, sono stati assassinati da «coloro che combattiamo, cioè dai gruppi terroristici che rifiutano la democrazia e le elezioni», cioè un gruppo legato ad Aqmi. Il 24 novembre in Mali è previsto il primo turno delle legislative, che potrebbe essere a rischio.
La Francia teme ora di rimanere impantanata in Mali, dopo aver condotto da sola, senza l’appoggio degli europei, l’operazione Serval. L’assassinio dei due giornalisti di Rfi, una radio molto stimata in Africa, continente dove ha 24 milioni di ascoltatori, ha rivelato agli occhi del mondo che il nord del Mali, una regione più grande della Francia, vive nel caos. Le forze militari presenti non controllano Kidal, «capitale dei ribelli tuareg» situata a sud delle montagne dell’Ifoghas. Qui la guerra contro l’islamismo continua. Nella regione di Kidal è in corso dal 20 ottobre un’operazione militare congiunta tra francesi e maliani, battezzata Hydre, per soffocare l’emergenza degli jihadisti, tornati sul posto dopo le battaglie dell’inverno scorso.
La situazione delle forze locali è molto complessa. Il Mnla (Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad) si è diviso in seguito all’intervento francese, una parte accetta di rinunciare all’indipendentismo e collaborare, in cambio di posti di potere, con il neo-presidente Ibrahim Boubacar Keita (Ibk), eletto nell’agosto scorso. Ma dei gruppi armati sono ancora in azione e in lotta con altri, affiliati ad Aqmi, come il Mujao. Nelle ultime settimane, sei membri del Mnla sono stati assassinati, ci sono stati attacchi a Gao, Timbuctù, Tessalit. Bamako cerca di pacificare la regione, anche grazie a consistenti finanziamenti internazionali (16,7 milioni di euro già stanziati, 3 miliardi promessi per la ricostruzione). Ma la Francia teme che il presidente Ibk voglia approfittare del duplice assassinio per imporre con le maniere forti l’unità del paese.
Pochi giorni fa sono stati liberati 4 ostaggi francesi, che erano stai rapiti a Arlit, in Niger, nel settembre 2010. Le circostanze della liberazione sono poco chiare e oggetto di polemiche. Soprattutto, in Francia si è parlato molto di un probabile riscatto (20-25 milioni di euro), anche se il governo nega. La mediazione è stata fatta dai tuareg degli Ifoghas. Ieri nessuno poteva rispondere alle domande che emergono su un’eventuale legame con il riscatto e l’assassinio dei due giornalisti: potrebbe essere stato causato da un regolamento di conti tra bande islamiste? Qualcuno si è sentito leso nella ripartizione dei soldi?

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