“La talpa del Datagate è un eroe negli Usa la democrazia è a rischio”

by Sergio Segio | 4 Novembre 2013 7:44

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«IN ogni governo, da sempre, esistono tendenze autoritarie: l’inclinazione ad accumulare potere, a usarlo nel segreto, in particolare negli Stati moderni. Il sistema di sorveglianza della Nsa ne è un esempio perfetto. Un refrain americano recita così: “L’eterna vigilanza è il prezzo della libertà”. Ecco, quell’adagio è più valido che mai». Esaurito il preambolo, Michael Walzer, filosofo e saggista di etica politica, sbotta in una sonora risata: «C’è un lato comico in tutto questo. Al pensiero che l’America ascolti le conversazioni private dei leader europei, o 50 milioni di telefonate in Italia e Spagna, io mi chiedo cosa frulli per la testa dei responsabili. Se fanno tanto in Europa, figuriamoci in Cina? E quanti alla Nsa parlano il cinese? È una storia inverosimile, davvero».
Professore Walzer, la Nsa sostiene che il programma serva a salvare vite umane, a proteggere l’America. Controllare il telefonino di Angela Merkel, la cancelliera tedesca, o del francese Sarkozy fa parte della missione?
«Impossibile! non ha alcuna utilità nella lotta contro il terrorismo. Regala forse un vantaggio nelle trattative commerciali.
Piuttosto, siamo davanti a un’agenzia tecnologica impazzita: ha le capacità, una tecnologia superlativa, e le impiega a dismisura. È un po’ come la storia dei droni: fantastici sotto il profilo tecnologico, vengono usati sempre più spesso solo perché sono disponibili. Finché qualcuno “spiffera” gli eccessi, e Obama interviene».
Un brutto imbarazzo per Obama, se è vero che il presidente era all’oscuro delle intercettazioni dei leader europei. Lei lo crede?
«Sì, che lo credo. È rimasto senza parole, come me. Per cinque anni non ha nemmeno conosciuto la portata del programma di
sorveglianza».
La Nsa è un corpo separato, sottratta al controllo degli organi politici e giudiziari?
«Per capire la Nsa bisogna tornare alla sua nascita, alla presidenza Bush; chiedersi se lo stesso Bush ne fosse al corrente: lo era più probabilmente il vicepresidente Cheney. Da allora la Nsa ha seguito il suo corso e non ha ritenuto necessario informare Obama: qualcuno forse non si fidava di lui».
Lei vede una minaccia alla democrazia americana?
«Il rischio è evidente: considerata la natura delle nuove tecnologie, basta chiedersi cosa sarebbe successo se alla Casa Bianca fosse insediato un governo peggiore di Obama, ad esempio la destra radicale. È una prospettiva da brivido».
Obama ha promesso un freno. Lei se l’aspetta?
«È ovvio: anche il Congresso sta svegliandosi e pretende un’inchiesta. Vogliamo sapere l’intera portata di quel che è stato fatto finora, scoprire quel che è ancora nascosto, e decidere in maniera democratica come procedere nel futuro, ponendo limiti rigorosi. C’è poi un altro aspetto».
Quale?
«È l’aspetto pratico. Visto dal contribuente, il programma della Nsa non ha senso. Pensi ai costi esorbitanti e allo spreco di personale che esso richiede: decine di migliaia di impiegati. E poi: come gestire quei miliardi di dati? Se tutto questo fosse stato ragionevole, non avrebbe suscitato tanto scandalo. Invece, è incredibile».
E le libertà degli europei, calpestate? Pensate anche a questo? Alla Nsa basta l’ingiunzione di una Corte americana per accedere ai contenuti di telefonate, email, ricerche Internet di cittadini europei. Germania e Francia vogliono trattare un codice di condotta.
«Merkel e Hollande hanno ragione. Però, il codice dovrà tutelare il mondo intero, non solo amici ed alleati. È impensabile che l’America decida sulla privacy di un cittadino straniero: la scelta spetta ai rispettivi governi».
Il Datagate ha spalancato un nuovo capitolo nell’evoluzione delle democrazie occidentali?
«Può ben dirlo. Dobbiamo tutto a un giovane di nome Edward Snowden. Quello “spifferatore” si è rivelato un eroe. Grazie a lui oggi scopriamo quale pericolo ci sia stato nascosto. E quanti altri, forse, restino da rivelare».

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