by Sergio Segio | 4 Novembre 2013 7:38
«IL numero dei morti della Shoah sovrasta il ricordo, il concetto stesso del genocidio culturale operato dal nazismo, fra opere sparite e possibilità di sviluppo del pensiero in ogni campo. Nei primi decenni del Novecento la creatività ebraica ha influenzato tutta la produzione, artistica e non solo: c’è un intero pezzo di cultura che manca, nella nostra storia, cancellato dai nazisti». La storica Anna Foa, grande esperta di ebraismo, accoglie la notizia del ritrovamento con le parole di chi da tempo riflette anche su questo, il «genocidio dell’arte», come lei lo definisce.
Secondo le stime, nella sola Francia i tedeschi saccheggiarono dalle case degli ebrei circa centomila fra dipinti, arazzi, sculture e altri oggetti d’antiquariato.
«E il paradosso ulteriore è che la chiamavano arte “degenerata”, per poi nasconderla nei caveau e mostrarla agli amici, ben consci del suo valore. L’“ideale” hitleriano, in privato non valeva. Ma poi, penso a tutta l’arte finita con i suoi autori nei campi di sterminio. Un nome solo, Charlotte Salomon, morta ad Auschwitz a 26 anni, lasciandoci alcuni ottimi dipinti autobiografici. Cos’altro avrebbe potuto fare, per la cultura di tutti noi? E ci sono i musicisti. Continuavano a scrivere note sulla carta igienica, c’è un italiano, Francesco Lotoro, che sta recuperando quei foglietti, per farci finalmente sentire quelle note».
Come possiamo guardarli, oggi, quei quadri ritrovati?
«Sono opere che nessuno in questi decenni ha potuto studiare, meditare, godere. Quando potremo di nuovo guardarle, bisognerà tenere conto di quel che è successo. Di dove sono state nascoste, fra barattoli di fagioli scaduti, nella polvere. Bisognerà capire quel che ha rappresentato la loro perdita per il mondo. E magari da lì riuscire a ripartire ».
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L’ultimo libro di Anna Foa è Portico d’Ottavia n.13 (Laterza)
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