Snowden ricompare a Mosca. Il «ruolo» di Francia e Italia

by Sergio Segio | 1 Novembre 2013 8:13

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L’ex tecnico dell’Agenzia nazionale per la sicurezza Usa (Nsa) era in compagnia di una donna di spalle, probabilmente Sarah Harrison, l’attivista di Wikileaks che lo ha assistito fin dal suo arrivo nell’area transiti internazionali dell’aeroporto moscovita di Sheremetievo, lo scorso giugno. La sua situazione legale si è risolta con l’asilo temporaneo concesso dal governo russo: per un anno e rinnovabile. Da agosto, Snowden vive in una località segreta, inseguito da un mandato di estradizione per «spionaggio» dopo aver diffuso i documenti riservati della Nsa sul mega-scandalo delle intercettazioni illegali chiamato Datagate. E ieri, il suo avvocato, Anatoly Kucherena, ha affermato che Snowden «resterà qui anche dopo la scadenza del suo visto temporaneo», e lavorerà come informatico «per un grande sito web russo, dal 1 novembre». Le due più grandi società di Internet – Mail.ru Group e Yandex – pare abbiano però smentito.
Intanto lo spionaggio illegale ha messo in luce lo strapotere delle agenzie per la sicurezza, sdoganate dalla legge Usa del Patriot Act, approvata dopo l’attentato alle Torri gemelle dell’11 settembre 2001. L’entità del Datagate era emersa in estate, quando il giornalista Glenn Greenwald aveva pubblicato sul Guardian le confessioni raccolte da Snowden: la Nsa ha messo il naso nella vita privata dei cittadini Usa e di quelli stranieri. Ha stabilito basi illegali in diversi continenti. Ha spiato leader politici, ambasciate e grandi imprese, nei paesi nemici ma anche in quelli alleati. Ha imposto alle grandi compagnie di internet di consegnare informazioni sui cittadini, o le ha intercettate illegalmente. Alla fine il Datagate ha messo in piazza i panni sporchi tra gli stati europei e Usa, obbligando Obama a una imbarazzata difesa (sapeva o no delle intercettazioni di Angela Merkel?), e i suoi servizi segreti a un contrattacco verso gli omologhi dei paesi alleati. «Così fan tutti», aveva detto in sintesi Obama. Ora però la Nsa nega di aver carpito milioni di comunicazioni nelle sue basi all’estero (19 nelle principali città europee), si appella agli accordi tra intelligence, e accusa i partner europei di aver trasmesso volontariamente agli Usa i dati intercettati. I file di Snowden mostrano il patto a cinque tra Usa, Gran Bretagna, Australia, Canada e Nuova Zelanda: paesi che avrebbero spiato per la Nsa nei vari continenti.
Poi esistono singoli accordi preferenziali, con Israele o con i paesi d’Europa: con la Francia, il «Lustre», un protocollo d’intesa attivo tra fine 2011 e inizio 2012. Ne esiste un altro che giustifica i 70,3 milioni di comunicazioni intercettate in un mese tra il 10 dicembre del 2012 e l’8 gennaio 2013? La Francia gode di una posizione strategica per il transito dei metadati. Marsiglia e Penmarch, in Bretagna, sono i terminali su cui scaricano le comunicazioni provenienti da Africa e Afghanistan attraverso i cavi sottomarini. Difficile che i potenti segreti francesi (la Dgse), che stoccano e smistano il flusso, non fossero al corrente della faccenda. Lo stesso vale per l’Italia. Nsa e Cia avrebbero intercettato da noi 46 milioni di chiamate telefoniche in un mese. Con quale margine di manovra o connivenze? Ieri si è riunito il Comitato interministeriale per la sicurezza della repubblica (Cisr), presieduto dal presidente del Consiglio, Enrico Letta. Una riunione dettata dal Datagate: per proseguire «nell’attività di verifica e tutela fin qui svolta dagli Organismi di intelligence nazionali». Insomma, nulla.

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