Ultimatum del leader ai governativi Ma per ora evita la resa dei conti
ROMA — I toni sono quelli che si possono immaginare, i sentimenti anche e le parole ancora di più, una in particolare che risuonava ieri nelle stanze e nei corridoi di Palazzo Grazioli: «umiliazione». Un atto impossibile da digerire, una decisione «che costringe il mio partito a schierarsi». E Angelino Alfano a dire, «una volta per tutte», da che parte sta. Per Silvio Berlusconi la votazione della Giunta del regolamento sul voto palese è stato un nuovo colpo, questa volta non preventivato, almeno all’inizio della vicenda che lo sta portando alla decadenza da senatore (questa invece, sì, messa nel conto). E quindi, quando lo viene a sapere, a metà giornata, pensa a tutto, persino all’immediato strappo con il governo, incalzato dai falchi Sandro Bondi e Denis Verdini, che sono stati i primi a recarsi da lui dopo il voto della giunta. Con il secondo che ieri mattina stava già lavorando sull’organigramma della nuova Forza Italia nella sede di piazza San Lorenzo in Lucina.
Ma lui, Berlusconi, non prende una decisione finale. Arrabbiato, sì, all’inverosimile, ma non al punto di perdere completamente la lucidità politica. Perché l’annuncio di uno strappo subito avrebbe fatto partire una nuova, drammatica, chiamata alle armi dagli esiti imprevedibili. Con il rischio, in altre parole, di un nuovo 2 ottobre, quando venne costretto a dire «sì» alla fiducia per evitare che una parte del Pdl facesse comunque sopravvivere il governo. E poi, incontrando e parlando con tanti altri esponenti del suo partito, un’altra convinzione che un po’ alla volta assume: la paura di uno scenario ingovernabile e la prospettiva di andare alle elezioni con un partito diviso e comunque senza un leader, data l’impossibilità di potersi candidare e la mancanza di un punto di riferimento alternativo, anche se chi sta in queste ore attorno a lui sta provando a insistere nuovamente su Marina Berlusconi.
La partita di Silvio ora si gioca tutta con Angelino. L’incontro di martedì sera è andato male perché Alfano ha ribadito la sua convinzione che il governo debba andare avanti, anche se ha cercato fino all’ultimo di rassicurare il Cavaliere. Fino a ieri mattina, quando con Gianni Letta pronosticava ancora una possibile vittoria, in Giunta, del voto segreto, cosa che avrebbe fatto irritare ancora di più Berlusconi. In un’atmosfera tale il pranzo con i ministri-colombe Quagliariello, Lorenzin, Lupi, De Girolamo e lo stesso Alfano, non poteva che saltare. Anzi era già saltato tra la notte e il primo mattino per incomunicabilità politica. I «governisti» si sentono sicuri dei numeri, sostengono di avere una pattuglia di almeno una trentina di senatori pronti a sostenere il governo e anche nel consiglio nazionale pensano di avere numeri sufficienti per resistere. I «lealisti», loro avversari, assicurano invece di avere i due terzi di quel parlamentino e di questo ha parlato nuovamente ieri Raffaele Fitto, quando è andato a Palazzo Grazioli insistendo sulla necessità di convocare il consiglio nazionale in tempi brevi, prima del voto sulla decadenza, per azzerare tutte le cariche del partito e ingabbiare in modo definitivo le colombe.
Berlusconi ha assicurato di essere, in questo momento, più falco che colomba, ma su questo punto non ha ancora preso una decisione. Non ha chiesto ai ministri di dimettersi subito di fronte alla decisione della giunta: ciò che non vuole ora e non vorrebbe mai è la divisione del partito. Perché, comunque vadano le cose (e non crede che non andranno bene per lui) sarebbe ancora più debole di fronte ai suoi avversari. Non si arrende all’idea di «perdere» Angelino, anche se la scissione sembra inevitabile. Accadrà prima o poi, ne sono convinti ormai tutti nel partito, a meno di miracoli al momento inimmaginabili. E sulle scelte da prendere è più incerto che mai. In queste ore lo si è visto parlare molto con Saverio Romano, che ieri ha aderito a Forza Italia con il suo Pid e che lo avrebbe confortato con ipotetiche vie di uscita dall’interdizione. Il clima è sempre più confuso a Palazzo Grazioli, ma una decisione sullo «strappo» con il governo non è stata ancora presa. Potrebbe avvenire il giorno della decadenza, che però non è stato ancora calendarizzato, ma anche allora Berlusconi potrebbe essere tentato di offrire ad Enrico Letta «il gesto» di favorire comunque l’approvazione della legge di Stabilità, prima di puntare alla crisi. Non a caso è stato lo stesso Cavaliere a dare il via libera alla delegazione del Pdl che ieri è andata a parlare della finanziaria con Enrico Letta. E lo scenario elettorale? Una vera incognita, anche se giungono conferme di contatti con l’M5S, come aveva anticipato il Corriere , e in particolare con l’ideologo del movimento Paolo Becchi. E sia tra i falchi pidiellini che in quelli di Grillo, c’è chi è convinto di una possibile «convergenza di interessi» per favorire un ritorno alle urne.
Roberto Zuccolini
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