Sprechiamo i soldi del cinque per mille
Moduli bancari compilati in maniera sbagliata. Intoppi burocratici. Associazioni che nascono e poi si sciolgono in un battito di ciglia. Sedicenti organizzazioni no-profit che promettono di aiutare i bambini africani ma poi, ottenuti i soldi, si dissolvono come fantasmi. Enti regionali che si propongono di formare i giovani in cerca di lavoro ma in realtà vogliono solo accaparrarsi una succulenta fetta di fondi europei.Il mondo delle onlus è il preda al caos. Le associazioni continuano a nascere e a moltiplicarsi nonostante manchino i soldi: le donazioni sono in calo del 35 per cento. Eppure ogni anno a causa di truffe, contabilità sbagliata o banali errori di modulistica, circa otto milioni di euro versati dai cittadini con il cinque per mille rimangono bloccati nelle casse dello Stato. Secondo quanto risulta a l’Espresso dal 2006 ad oggi siamo arrivati a quasi 70 milioni di euro: fermi e inutilizzabili. Un tesoretto che rappresenterebbe una risorsa importantissima per il mondo del volontariato.Facendo un rapido controllo all’Anagrafe unica delle onlus ci si fa un’idea dei numeri: le associazioni no-profit iscritte sono arrivate a 235 mila, danno lavoro a 488 mila dipendenti e possono contare sull’aiuto di 4 milioni di volontari. Il volume delle entrate, invece, rappresenta all’incirca il 4,3 per cento del Pil italiano.
Assistenza medica agli immigrati
La maggior parte delle onlus svolge un lavoro importante e dignitoso, soprattutto in questo momento di feroce crisi economica in cui sempre più famiglie attraversano momenti di difficoltà. Però nel calderone del volontariato continuano a nascondersi anche molti “parassiti” che si mascherano da enti umanitari per trarne vantaggi. Quali? Innanzitutto l’agevolazione fiscale: le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, infatti, non pagano l’imposta sul reddito. Mentre molte operazioni possono essere condotte senza Iva e sono esenti da altre tasse minori: ecco perché il settore del volontariato continua a fare gola anche a chi non è esattamente animato dalle più nobili intenzioni.Il picco di onlus fasulle si è avuto nel periodo dal 2007 al 2011: l’Agenzia per il Terzo Settore – incaricata di compiere i controlli – aveva cancellato dall’Anagrafe unica delle onlus 3.313 associazioni che non avevano rispettato i criteri di iscrizione.
Il trucco preferito dai finti benefattori era simile al “gioco delle tre carte”: i fondi percepiti venivano utilizzati per il pagamento delle spese di altre società di cui erano parte le stesse persone che costituivano la onlus.Secondo i dati dell’ultima relazione del ministero del Lavoro sul Terzo Settore, nell’ultimo anno e mezzo le onlus “sospette” riscontrate e segnalate sono state solo 92. Molte di meno, rispetto alle cifre stellari degli anni precedenti. Non perché ci sia stato un picco di onestà ma perché, come spieghiamo qui sotto, è cambiato il sistema dei controlli. Fra le segnalazioni di irregolarità c’era di tutto. Dall’associazione incaricata di assistenza domiciliare ai non vedenti, malati tumorali e cardiopatici che non aveva mai erogato nessun servizio, a quella che dopo aver raccolto più di un milione di euro di fondi per non meglio precisati fini umanitari è poi svanita nel nulla.
Dal 2012 l’Agenzia per il Terzo Settore, fra i malumori generali, è stata cancellata per volere del governo Monti all’interno della spending review. E così oggi, al suo posto, sul mondo del volontariato vigila direttamente il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.La guardia però deve restare alta, dato che per i prossimi sei anni (2014-2020) l’Unione Europea ha deciso di stanziare il 20 per cento del suo intero budget per il settore sociale e le truffe sono dietro l’angolo. L’ultima è stata scoperta pochi mesi fa a Palermo: un’associazione regionale nata con lo scopo di aiutare i giovani a trovare lavoro si era inventata fantomatici corsi di aggiornamento e lucrava alle spalle dei disoccupati: era riuscita a incassare centinaia di migliaia di euro di fondi europei. Che rappresentano, va detto, la maggior parte della linfa vitale della quale si nutre il volontariato italiano.Ma il problema più rilevante, al momento, è quello delle donazioni bloccate.Dal ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per la prima volta ammettono l’esistenza del “tesoretto congelato”. E lo quantificano. «Ancora oggi abbiamo soldi fermi da sette anni», fanno sapere a l’Espresso. In totale, dal 2006 al 2011 sono rimasti bloccati nelle casse dello Stato 66 milioni e seicentomila euro del 5 per mille. Se si considera anche il periodo 2012-2013 si arriva a 70 milioni. Tanto per fare un esempio: nel 2010, su quasi 253 milioni e mezzo di euro raccolti con le donazioni, 7 milioni sono stati bloccati.
Nel 2011, su quasi 262, quelli fermi sono 11 milioni e 964 mila euro. Solo nel 2007 erano invece venti.La colpa di questa débacle non è imputabile solamente alle onlus. A mettere in difficoltà l’Agenzia delle Entrate incaricata di effettuare i controlli, infatti, sono soprattutto le imprecisioni nei documenti o le continue “metamorfosi” delle associazioni che cambiano nome, scopo e destinazione dei fondi. Errori ingenui, spesso, che quando si scontrano con la lentezza dell’apparato burocratico provocano conseguenze disastrose.«Basta compilare in maniera errata un modulo o persino l’Iban e tutto si blocca», ammette Danilo Giovanni Festa, direttore generale per il Volontariato al ministero: «Se un cittadino, insomma, decide di destinare il suo 5 per mille a un’associazione, e poi noi scopriamo che questa non esiste, o è fasulla, o è sospetta, o non ci ha fornito una documentazione corretta, non possiamo essere noi a decidere a chi “dirottare” quei soldi. E così rimangono congelati». Ibernati, dunque, per più di dieci anni. Prima che – da normativa – lo Stato possa decidere se e come riutilizzarli.
Fra i nodi da sciogliere per il Terzo Settore c’è anche il tetto massimo di 400 milioni di euro per il settore del volontariato, fissato dalla legge di Stabilità del 2011, che avrebbe sottratto cinque milioni di euro di donazioni solo nell’ultimo anno. Un caso che è già stato fatto notare durante una recente interrogazione parlamentare sollevata dal Pd.A denunciare il problema è anche direttore del settimanale “Vita” Riccardo Bonacina, che parla di “scippo” del 5 x mille e, meditando una class action contro lo Stato da parte di tutte le associazioni, ha fatto partire una raccolta firme che ha già raggiunto oltre seimila adesioni. «Ormai il 5 per mille è ridotto al 4 per mille», denuncia: «E nel 2011 sono stati sottratti al mondo del volontariato 172 milioni».
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