Segretario unico e via gli estremisti Alfano detta le sue condizioni
ROMA — I filogovernativi, sicuri di aver vinto, di essere spinti dal vento del rinnovamento. Vogliono un partito che frequenti la democrazia (magari con un vero congresso), vogliono gli estremisti messi da parte. E vogliono che Angelino Alfano governi il partito, senza lacci. Tutto questo lo chiedono a Berlusconi, che ormai li ascolta con attenzione, è pronto ad accogliere in particolare la richiesta su Alfano («Sei il migliore», gli dice). Fra quelli che invece volevano si votasse ad ogni costo la sfiducia al governo, alcuni mediano, nel nome dell’unità, altri non intendono farsi da parte.
A Palazzo Grazioli, Berlusconi riceve all’ora di pranzo Alfano e con lui i capigruppo di Camera e Senato, Brunetta e Schifani. E Gianni Letta. Incontro lunghissimo, fino alle 17. Alfano porta la linea dei settanta parlamentari che mercoledì hanno spostato tutto il partito sulla fiducia al governo.
Berlusconi si mostra molto provato. Settimana feroce. Gli ondeggiamenti sul governo, la decadenza da senatore quasi all’atto finale: «Non fatemi assistere a lacerazioni del partito». Si esamina una proposta di «direttorio», Alfano affiancato da Verdini, Bondi,Brunetta e Schifani. Alfano scuote la testa: «Il segnale di novità deve essere profondo, Presidente…».
In molti hanno fatto capire la stessa cosa. Cicchitto ha parlato di «defalchizzazione», liberazione dai «falchi», gli estremisti: «Il Pdl va defalchizzato e non deberlusconizzato. Bisogna dare ad Alfano la possibilità di costruire un grande partito moderato, riformista e garantista». Quagliariello: «Attorno ad Alfano è nata una nuova classe dirigente, che ha saputo riconoscere ciò che domandava il Paese». Lupi: «Il partito deve rinnovarsi con una nuova linea e una nuova classe dirigente». In politica chi sbaglia paga, si ripete nelle file dei filogovernativi. E c’è un elenco di nomi che dovrebbero fare il «passo indietro» affinché il Pdl non si spezzi, affinché Berlusconi possa traghettare tutti in Forza Italia, se è questo che desidera. L’elenco è breve: Verdini, Bondi, Santanché, Capezzone. E si vorrebbe che Sallusti lasciasse Il Giornale , per far tornare Belpietro. Poi, c’è il caso più delicato, quello di Renato Brunetta. «Brunetta si comporta come se stessimo all’opposizione», spiegano nell’entourage dei ministri Pdl. Il sostituto già sarebbe pronto, basterebbe far tornare Cicchitto alla guida dei deputati (Cicchitto, con Formigoni, ieri è stato fra i primi a dare solidarietà a Berlusconi dopo il voto sulla decadenza). Ma Brunetta è un ostacolo importante. Berlusconi sulla sua sostituzione prende tempo, deciderà fra qualche giorno, e intanto tiene per sé le deleghe del partito. Tuttavia, congedati Alfano e gli altri dà ascolto proprio a Cicchitto. E in serata è la volta dei ministri Quagliariello, Lupi e De Girolamo. Su Alfano segretario plenipotenziario è convinto. Sul resto, cerca il cemento per tenere assieme il partito.
«Occorre una forte riorganizzazione — dice Andrea Augello, schierato con Alfano — Ma senza notti dei corti né dei lunghi coltelli. Tutti dovranno essere rappresentati, anche chi è diventato minoranza a causa di posizioni politiche sbagliate». Ieri è stata la giornata dei mediatori. Dirigenti che non hanno seguito Alfano ma che ora lanciano appelli all’unità. Schifani svolge quest’opera da giorni. Ieri è toccato a Gasparri, Matteoli, Romani, Gelmini, Polverini. E anche Bondi, che però poi ha dichiarato: «Come possiamo assistere alla defenestrazione del presidente Berlusconi per mano del Pd, con il quale collaboriamo?». Domanda che per Alfano e il suo gruppo non è più proponibile. Per loro, il governo, se lavorerà bene, andrà avanti fino al 2015.
Andrea Garibaldi
Related Articles
Sì all’espulsione della Gambaro e i gruppi grillini si spaccano “Sulla sua sorte deciderà la Rete”
Assemblea drammatica, alla fine i falchi la spuntano
Il governo chiama La Via Sarà il regista del Tesoro
Il nuovo direttore generale arriva dalla Banca Mondiale
Il voto online salva Salvini e spacca i 5 Stelle
I Salvini della patria. Dopo una giornata tesissima nel Movimento, il 59% dei votanti risponde «sì». Cioè «no» al processo per il leader della Lega