Se l’Inps chiede un cent al pensionato

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Questa è una piccola, anzi una piccolissima storia. Ma nasconde una grande lezione. L’Italia è ostaggio di due tribù, i Complicatori e gli Agevolatori. Tribù nemiche tra loro? Neanche per sogno. Alleate. Il Complicatore, quando gli conviene, agevola. L’Agevolatore, se gli garba, complica.
Questa è una storia da un centesimo, quello che l’Inps chiede a un pensionato ottantaquattrenne di Riccione.

La restituzione di un centesimo, percepito in eccesso nel periodo 1o gennaio 1996-31 dicembre 2000 poiché «l’ammontare dei redditi personali è superiore ai limiti della legge 335 del 1995». Nella raccomandata spedita dalla sede di Roma a Emilio Casali — racconta l’Ansa — si indica anche «la possibilità di rateizzare il rimborso». Il figlio, Claudio, è stato spiritoso: «Non pago o chiedo la rateizzazione».
Complicatori e Agevolatori non stanno solo all’Inps: sono dovunque. Negli uffici tributari, nelle aziende sanitarie, negli uffici giudiziari, nella scuola, negli ordini professionali, nei ministeri e nelle amministrazioni locali, negli uffici tecnici. Concedono (o rifiutano) permessi, rilasciano (o ritardano) autorizzazioni, scrivono (e dimenticano) decreti attuativi: dozzine di leggi approvate dal Parlamento sono lettera morta, in attesa di essere applicabili.
Complicatori e Agevolatori, spesso, sono persone perbene. Complicare (o agevolare) è un mestiere, un’occupazione quotidiana, una ragion d’essere, una fonte di reddito. La complicazione è la più grande industria italiana. Ha creato decine di migliaia di posti di lavoro, nel settore pubblico e nelle professioni private; e chi li occupa non vede di buon occhio la semplificazione. Pubblicamente denuncia la probabile anarchia; privatamente, teme la propria irrilevanza.
In inglese la burocrazia si chiama red tape : e di nastro rosso l’Italia è uno dei grandi produttori mondiali. Per carità, sempre con una giustificazione, un motivo, addirittura un anelito: impedire abusi, imbrogli, ruberie. Dietro il Durc (Documento di regolarità contributiva) c’è la volontà di garantire la previdenza sociale, ma fatevi raccontare cosa comporta ottenerlo, soprattutto in certe parti d’Italia. Così, le norme per la sicurezza dei luoghi di lavoro sono piene di ottime intenzioni. Ma hanno creato una serie di situazioni surreali. Mi raccontava, sere fa, un ristoratore milanese: vengono i vigili del fuoco e mi dicono che devo aprire una finestra, viene l’Asl e mi dice che devo chiudere la finestra. Tornano tutt’e due, insieme ai carabinieri: abbiamo deciso di trasformarla in una basculante.
Il Complicatore non è cattivo, ma non è sciocco. L’agevolazione è una concessione che lascia intatto il suo potere. L’assenza di formalità è, invece, il nemico. Un nemico subdolo, lodato sui giornali e nei convegni, amato dai cittadini (almeno finché la semplificazione non tocca una fonte di reddito familiare). Per fortuna i colleghi Complicatori sono dovunque: basta lasciar fare a loro. Ricordate lo Sportello unico per le nuove imprese? La proposta dev’essere stata interpretata alla lettera: sportello unico. Nel senso che ce ne dev’essere uno solo, in Italia. E nessuno ha ancora capito dov’è.
Ai giovani imprenditori di Confindustria, riuniti in congresso a Napoli, venerdì ho provato a dare incoraggiamento (e, già che c’ero, ho ricordato che i loro papà avrebbero bisogno di una robusta iniezione di coscienza). Ma non c’è dubbio: aprire e gestire un’azienda, oggi, è un atto eroico. L’entusiasmo dell’impresa — si chiama così mica per niente — è soffocato dalla frustrazione quotidiana: corteggiare il Complicatore affinché diventi un Agevolatore, e conduca fuori dalla foresta delle regole inutili.
Regole che finiscono per strangolare gli onesti. Perché i disonesti, notoriamente, se ne fregano.
Beppe Severgnini


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