Sciolto il patto degli azionisti Rcs
MILANO — Il “liberi tutti” del capitalismo privato italiano ha un passaggio di riguardo nel patto Rcs. Da ieri ex patto, non essendo stato rinnovato dai soci, che a fine mese si affrancheranno e potranno vendere le azioni dell’editore. «Il patto Rcs è stato sciolto. Liberi tutti. Non c’è alternativa», aveva detto uscendo da una riunione di due ore Francesco Merloni, azionista Rcs e presidente dell’accordo parasociale.
Il patto Rcs, una delle stanze di compensazione dell’industria e della finanza nazionali, per interposto quotidiano di riferimento (Corriere della Sera), «cesserà anticipatamente con la formalizzazione del relativo addendum, presumibilmente entro la fine del corrente mese» riporta una nota. In vista della scadenza originaria di metà marzo 2014 si sono svolte consultazioni tra i detentori del 60,27% vincolato, nelle quali è emersa «la convinzione unanime che la società, in una fase congiunturale difficile e di profonda trasformazione del settore, goda di stabilità e fruisca di un forte sostegno da parte dell’azionariato tutto nel perseguire gli obiettivi del piano industriale e finanziario adottato, nel quale si ribadisce piena fiducia». I pattisti hanno condiviso un’altra convinzione («ferma»): che «una gestione e una governance efficiente, altamente responsabile, non richiedano più il tipo di collaborazione assicurata dal patto ora in scadenza». Un vecchio arnese insomma, da archiviare dopo un trentennio complesso.
All’ultima riunione hanno partecipato quasi tutti gli azionisti storici: il presidente di Fiat, John Elkann, Giovanni Bazoli in rappresentanza di Intesa Sanpaolo, il numero uno di Pirelli Marco Tronchetti Provera, il presidente di Mediobanca, Renato Pagliaro. Presenti anche Giampiero Pesenti, per nove anni a capo del patto, il successore Francesco Merloni, Giuseppe Lucchini, Roberto Bertazzoni e il presidente di Unipol, Pierluigi Stefanini. Nello stabile di via San Marco era anche l’ex presidente Piergaetano Marchetti, artefice dell’accordo che esiste da metà anni ’80 – e dal 1997 in questa forma – e aveva avuto mandato di sondare gli azionisti, anche allo scopo di trovare forme soft di accordo. Il primo socio torinese era favorevole a un nuovo accordo (di cui sarebbe stato leader), ma l’indisponibilità annunciata – da mesi – di Mediobanca ha lasciato per strada ogni tentativo del giurista Marchetti, anche a fronte di soci “possibilisti” come quelli legati a Bazoli e i Pesenti.
A Piazza Affari Rcs ha anticipato le notizie con un ribasso del 4,52%, probabilmente dovuto alla pressione in offerta che da inizio novembre potrà cominciare sull’azione, e durare a lungo. Tra i principali venditori ci sarà Mediobanca, che da settimane ha fatto intendere che a partire dal 2014 e per tre anni cederà almeno due terzi del suo 15%, frammentato sul mercato secondo le opportunità di valorizzazione. Quindi senza possibilmente alterare gli equilibri, che vedono Fiat e il nocciolo duro di soci capitanati da Bazoli presidiare l’editore con circa il 30% delle quote.
Stamani si aggiornerà il cda Rcs. È possibile che decida la cooptazione di Attilio Guarnieri, secondo nella lista di minoranza in cui era stato eletto consigliere il vice presidente e socio Giuseppe Rotelli, scomparso.
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