Scaricati nel deserto del Niger, decine di migranti muoiono di sete
«Bisogna fare accordi e fornire aiuti ai paesi d’origine». Troppe volte dopo la strage di Lampedusa i politici italiani ed europei hanno tentato di ripulirsi la coscienza e giustificare la loro colpevole ignavia con questo mantra ipocrita. Come se i migranti che attraversano mezza Africa verso nord non scappassero proprio dalla miseria e dalle guerre che imperversano in quei paesi. E come se l’Europa e i suoi governanti non fossero responsabili e non avessero interessi da difendere in quegli stati. Ecco cosa succede a queste persone molti chilometri più a sud del Mediterraneo: ieri le autorità del Niger hanno rivelato che almeno 35 migranti sono morti di sete nel Sahara mentre stavano tentando di raggiungere l’Algeria.
Abdourahmane Mauoli, sindaco di Arlit, città di miniere di uranio nel nord del Niger, ha detto che alcuni viaggiatori hanno contato decine di cadaveri lungo la strada che porta alla città algerina di Tamanrasset. Rhissa Feltou, sindaco di Agadez, il più grande centro della zona, ha fornito una prima ricostruzione dell’ennesima strage. «Una sessantina di persone sono partite a metà ottobre su due camion. Quando uno dei due veicoli è rimasto in panne, l’altro ha scaricato i migranti in pieno Sahara ed è andato a cercare pezzi di ricambio. A quel punto i migranti si sono divisi in piccoli gruppi e si sono messi in cammino alla ricerca di un’oasi». Solo cinque sopravvissuti sarebbero riusciti a raggiungere Arlit e ad avvisare l’esercito del Niger.
Un militare ha confermato di aver visto nel deserto cinque cadaveri, tre donne e due adolescenti. 19 migranti sarebbero stati condotti verso la città. Di tutti gli altri per ora i militari non sono stati in grado di individuare neppure i corpi. Il responsabile della ong Synergie, Azaoua Mamane, ha affermato che su quei camion si erano imbarcate «famiglie intere, per questo fra loro c’erano tante donne e bambini».
In Italia, intanto, dopo il deludente vertice europeo sull’immigrazione, la strage di Lampedusa rischia già di essere dimenticata fino al prossimo disastroso naufragio a due passi dalle nostre coste (ieri una nave della marina militare ha recuperato altri 97 migranti, fra cui 10 bambini, a bordo di un gommone al largo di Lampedusa).
Il neonato Comitato 3 ottobre ha presentato alla Camera e al Senato una proposta di legge per istituire la «Giornata della memoria e dell’accoglienza» ad ogni anniversario della strage. Si tratta di un testo di due soli articoli che ha già raccolto oltre 6.000 adesioni su facebook (gruppo Accoglienza) e ha ottenuto il sostegno fra gli altri dell’Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu (Unhcr), dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), del Consiglio italiano per i rifugiati (Cir), di Save the Children, Terres des Hommes, Asgi, Arci, MeltingPot e Legambiente.
L’iniziativa ha l’appoggio deciso del sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini: «La nascita del Comitato 3 ottobre, a poche settimane dal drammatico naufragio dell’Isola dei Conigli, è una bella e concreta testimonianza dell’impegno collettivo di quanti vogliono agire perché cambino le politiche dell’asilo e dell’accoglienza e tragedie simili non si debbano ripetere – ha dichiarato Nicolini – per questo la proposta di legge sulla Giornata della memoria e dell’accoglienza ogni 3 ottobre può contare sul pieno sostegno mio e dei miei concittadini».
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Di certo non sta avendo luogo in Arabia Saudita una “svolta rosa”, come l’AGI ha battuto alcuni giorni fa e come diversi giornali hanno rilanciato dalle loro colonne. Sicuramente va però riconosciuta la portata storica dell’apertura alle donne del Consiglio della Shura, l’organo consultivo della monarchia wahabita, finora ad esclusivo appannaggio degli uomini. La quota del 20% riservata alla componente femminile è pari a 30 dei 150 membri, designati ogni 4 anni per sottoporre proposte di legge al sovrano (che continua ad accentrare in sé il potere legislativo), esprimere pareri anche su temi di politica estera, dare interpretazioni alle leggi e infine interpellare i ministri sulla loro azione politica.
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