San Siro chiuso per razzismo club in rivolta contro la norma
Cala la mannaia: Milan Udinese del 20 ottobre si giocherà a porte chiuse. Colpa di pochi imbecilli (su 872 rossoneri in trasferta, tutti con tessera del tifoso) che a Torino, durante la gara con la Juve, hanno intonato un coro contro il Napoli. La segnalazione è giunta da un ispettore federale, non dall’arbitro. Ma adesso scoppia la rivolta, guidata da Galliani: Beretta telefona subito ad Abete, chiede di cancellare la norma sulla discriminazione territoriale, equiparata adesso ai cori razzisti. I club si sentono ostaggio. A continuo rischio ricatto: lla terza sanzione scatta lo 0-3 a tavolino. Il giudice sportivo, Giampaolo Tosel, nel suo dispositivo ha parlato di «alcune centinaia di sostenitori milanisti» che hanno intonato cori insultanti, «alcuni minuti prima della gara, al 6’ e al 43’ del secondo tempo». E così ecco il primo stadio chiuso in questo campionato, dopo due Curve sud (Milan e Roma) e due curve nord (Lazio e Inter) punite. Forse è un primato europeo.
Al Milan sono indignati: «Follia pura». Galliani ha tuonato. «Dove li hanno sentiti i cori? Forse dal bar o al bagno… Siamo incazzatissimi con chi ha chiuso San Siro. C’è anche il paradosso che eravamo in trasferta. Senza mezzi per intervenire. Capisco il razzismo, è un problema mondiale, grave. Ma la norma sulla discriminazione razziale non esiste a livello Uefa. È da ripensare. Ce la siamo inventata in Italia». Proprio mentre Platini da Ginevra fa sapere: «Il nostro atteggiamento è senza compromessi verso la discriminazione razziale, culturale, religiosa, sessista o omofoba. Non esistono gerarchie tra questi mali». Per Galliani la discriminazione territoriale invece «va abolita: tutti i presidenti sono d’accordo con me e ho chiamato il presidente Abete per dirglielo. Ci penseranno. Ammesso che ci siano stati questi cori che nessuno ha sentito, ricordo che la prossima volta ci saranno partita persa e penalizzazione. Se 50 persone vogliono uccidere una società, possono farlo… «. Allo stesso tempo c’è stupore per la mancata segnalazione dei cori provenienti dal settore juventino.
La norma è considerata eccessiva dai club: verrà preparato un documento per la Figc di Abete. «C’è il rischio di mettere i destini di squadre e campionato nelle mani di pochi irresponsabili. Non è accettabile, le società non hanno armi per difendersi». «Ci penseremo» la risposta del presidente federale. La Figc ha voluto questa norma il 5 agosto scorso, recependo le disposizioni durissime dell’Uefa (vedi chiusura dell’Olimpico per Lazio-Apollon Limassol) e decidendo di equiparare i cori razzisti alla discriminazione territoriale: nessuna sanzione per “noi non siamo napoletani”, ma stangata per “napoletani pezzi di merda” o “Napoli colera”. Forse è il caso che il super-procuratore Stefano Palazzi doti i suoi 007 inviati sui campi di un prontuario: questo si può dire, questo non si può dire… Difficile che la norma sia cambiata a campionato in corso. Più probabile a fine stagione. Possibile invece che agli inviati della procura federale si dia il consiglio di essere prudenti, di segnalare solo se i cori provengono da più persone. Altrimenti non se ne esce. Il Viminale è con i club, le questure sul tema razzismo sono poco sensibili: non prendono mai nessuno, eppure c’è la Legge Mancino. C’è qualcosa che non funziona.
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