Saccomanni: ogni sforzo per ridurre le tasse sul lavoro

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WASHINGTON — «Faremo ogni sforzo per ridurre il peso del fisco sul lavoro e sulle imprese». Il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, ribadisce che la riduzione del cuneo fiscale sarà il cuore delle future strategie economiche nel governo, quelle che dovranno sostenere la fragile ripresa che sta per affermarsi in Italia. «Le prospettive stanno migliorando: dobbiamo rimettere in moto la crescita», afferma il ministro che ha accanto il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco nella conferenza stampa finale del vertice del G20 finanziario e dell’assemblea del Fmi. Due occasioni di dibattito internazionale in cui dopo anni, «la crisi europea è stata lasciata un po’ da parte», mentre hanno tenuto banco lo shut-down e l’impatto del cambiamento della linea di politica monetaria degli Usa. In Europa comunque, afferma Saccomanni, «l’enfasi comune è sulle riforme strutturali per favorire la crescita, la produttività e la competitività».
Il ministro dell’Economia si sofferma ancora sulle prossime misure del governo. «Manterremo il quadro di riferimento europeo e compenseremo l’intervento sul lavoro col meccanismo della spending review», intesa non come tagli di spesa tout court ma come eliminazione degli sprechi, spiega ancora Saccomanni, che pensa alla legge di Stabilità che sarà presentata a giorni. «Abbiamo perso un po’ di tempo per la crisi e l’incertezza politica, ma il governo sta cominciando a raccogliere i primi frutti», spiega quindi il ministro ammettendo di stare «sulle spine» per la lontananza da Roma, dove «proprio in queste ore si svolgono molti colloqui e scambi di opinione che dovrebbero portare a una convergenza sulla definizione delle strategie di bilancio».
«Ci tenevo a venire a Washington per dare l’idea che l’Italia è un Paese normale, che può fare le sue strategie di bilancio senza essere assente dai grandi consessi internazionali», aggiunge però Saccomanni. Il quale si sofferma brevemente anche sul capitolo dismissioni. Entro la fine dell’anno, ricorda, sarà definito il programma di valorizzazione degli asset pubblici. Nella manovrina dei giorni scorsi il governo ha compreso dismissioni per 500 milioni, «una piccola cosa certo, ma abbiamo rotto il ghiaccio». L’esecutivo sta pensando anche alla vendita di partecipazioni azionarie, ma «non daremo anticipazioni per evitare di provocare turbative di mercato». L’obiettivo è «dare un segnale sul fatto che il Paese è disponibile a riaprire certi dossier allo scopo di favorire gli investimenti».
Il governatore Visco illustra invece la situazione della finanza italiana, che è stata oggetto di un suo intervento al G20 e sulla cui solidità qui a Washington esperti e investitori hanno espresso qualche dubbio. «Circolano cifre non verificate», osserva Saccomanni.
Il fatto è — riassume Visco — che «molti non capiscono come un Paese come l’Italia che ha perso in cinque anni 9 punti di Pil e il 25% di produzione industriale, abbia ancora un sistema bancario non collassato e ancora in grado di andare sui mercati a raccogliere denaro».
È quasi «un paradosso» che si spiega con quattro elementi: una vigilanza molto attenta; il fatto che le banche hanno assunto sì molti rischi ma soprattutto nei confronti delle imprese e non nei prodotti strutturati e derivati come molti istituti esteri; la circostanza che avevano extraprofitti e l’impegno messo nell’aumentare il capitale, passato dal 6% al 10-11%.
«Non c’è problema di vulnerabilità del sistema bancario italiano», aggiunge Visco, secondo il quale sono due ora le grandi sfide da affrontare. Bisogna innanzitutto evitare la connessione tra rischio sovrano e rischio del credito attraverso la vigilanza Ue e quindi ridurre il credito deteriorato con un miglioramento dell’economia.
Un miglioramento che ci sarà ma senza dimenticare che nel complesso, come ribadisce il presidente della Bce, Mario Draghi, al termine degli incontri di Washington, la ripresa europea «è ancora debole e fragile».
Stefania Tamburello


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