Robot e droni killer, una campagna per metterli al bando

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“Un robot non può recare danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno”. Asimov ci aveva visto giusto quando aveva formulato la prima delle sue tre leggi sulla robotica . Tutte incentrate sul concetto, anzi il tabù, che una macchina non possa volontariamente fare del male a un uomo.

L’orrore per la possibilità di robot killer popola del resto molta fantascienza. Eppure l’eventualità di impiegare macchine in grado di decidere autonomamente come comportarsi in uno scenario di guerra – quando, dove e su chi sparare – oggi non è più una distopia. Tecnicamente è già possibile. Al punto che c’è chi ne chiede la messa al bando.

Stiamo parlando dei “robot autonomi letali”, cioè di macchine che possono individuare un target e fare fuoco senza un diretto intervento umano. Un passo ulteriore dunque rispetto ai droni attuali, velivoli senza pilota, controllati da remoto da un soldato e in grado di compiere azioni di guerra. A sollevare la questione alle Nazioni Unite è stata, due giorni fa, la Francia, attraverso un intervento scritto  in cui chiede di aprire in modo formale un dibattito. É un problema importante, ha dichiarato Jean-Hugues Simon-Michel, rappresentante d’Oltralpe alla Conferenza del Disarmo a Ginevra, che ha a che fare con il ruolo degli uomini nel decidere di utilizzare la forza letale. A rincarare la dose anche il rappresentante egiziano, il quale ha addirittura chiesto  la messa al bando preventiva di questo tipo di armi.

Il tema è destinato a crescere nei prossimi mesi. A guidare il fronte di chi osteggia lo sviluppo di robot killer un’ampia coalizione internazionale che va da Amnesty International a Human Rights Watch, e che ha dato vita a una campagna apposita, Campain to Stop Killer Robots . L’idea è di ricalcare le orme del movimento contro le mine antiuomo , che riuscì a far firmare a 161 Paesi un trattato che le metteva al bando. In questo caso però, ed è certamente una sfida, si sta addirittura cercando di bloccare una tecnologia prima ancora del suo utilizzo.

“Diverse nazioni con eserciti hi-tech, tra cui Cina, Israele, Russia, Gran Bretagna e Stati Uniti – spiega il sito  della campagna – si stanno muovendo verso sistemi che danno sempre più autonomia alle macchine nei combattimenti. Se uno o più di loro decidesse di impiegare armi pienamente autonome, un passo ancora più in là rispetto ai droni armati e controllati da remoto, altri potrebbero sentirsi obbligati ad abbandonare le loro politiche restrittive in materia, e tutto ciò porterebbe a una corsa alle armi robotiche. Per cui è necessario ora un accordo per stabilire dei controlli prima che gli investimenti, la spinta tecnologica e nuove dottrine militari rendano difficile cambiare il corso delle cose”.

“Da tempo si vuole rendere la guerra più asettica e invisibile possibile: lo si è fatto prima coi bombardamenti, poi con l’outsourcing alle compagnie militari, quindi con i droni”, ha commentato all’Espresso Francesco Vignarca, coordinatore della Rete italiana contro il Disarmo  che fa parte della campagna internazionale contro i robot killer. “Già oggi i droni guidati a distanza inducono una spersonalizzazione nell’operatore che non ha un contatto diretto con quello che sta facendo, è come se giocasse a un videogioco. Inoltre il loro utilizzo in operazioni non chiare, poco trasparenti, ha procurato molte critiche all’amministrazione Obama. Ma con i robot letali ci sarà un ulteriore problema etico, quello di dare in mano a una macchina la decisione di vita o di morte su delle persone”.

Un punto di svolta potrebbe essere il prossimo incontro annuale  della Convenzione su certe armi convenzionali (CCW) che si svolgerà a Ginevra il 14-15 novembre e che raccoglie 115 Stati. Nata per bandire o restringere l’uso di quegli armamenti che infliggerebbero sofferenze inutili e non necessarie ai combattenti, o che colpirebbero i civili indiscriminatamente, allo stato attuale vieta o limita le mine e trappole esplosive, le armi incendiarie su civili, i laser accecanti e frammenti non tracciabili (dai raggi X).

Tra l’altro poche settimane fa l’Italia ha ratificato un importante trattato internazionale che regola la vendita e il commercio di armi (Arms Trade Treaty), e che vieta di esportare le stesse a Paesi in guerra, sotto embargo Onu o accusati di violare i diritti umani. Approvato dalle Nazioni Unite lo scorso aprile, il trattato ha bisogno di almeno 50 Stati “firmatari” per entrare in vigore. E il nostro Paese è stato uno dei primi al mondo, nonché primo in Europa. “Sicuramente si tratta di un segnale positivo”, conclude Vignarca.

“Anzi, l’esperienza avanzata del nostro Paese sul controllo degli export di armamenti potrebbe essere utile per fare da guida a una corretta implementazione del trattato”. In quanto ai robot killer, sempre a novembre è previsto l’arrivo in Italia di Jody Williams, l’attivista americana Nobel per la Pace nel 1997 proprio per la campagna contro le mine antiuomo. Che ora è pronta a portare avanti una nuova battaglia contro il peggior incubo di Asimov.


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