“Rispetto la rabbia dei familiari ma questo resta un giorno storico”
ROMA — «Non sono stati funerali di Stato, è vero, ma resteranno come un momento solenne in cui abbiamo raccontato al mondo che il nostro Paese sta faticosamente cambiando». Il ministro dell’Integrazione, Cecile Kyenge, è appena atterrata a Ciampino, di ritorno dai funerali di Agrigento. Lì ha incontrato i rappresentanti di molte comunità migranti e confessioni religiose. E ha assistito alle proteste. «Ora il 3 ottobre, data della tragedia di Lampedusa, potrebbe diventare il giorno del ricordo delle vittime del mare».
Ministro, i funerali dei morti di Lampedusa non sono stati un’occasione mancata?
«Dal mio punto di vista no, anzi sono stati un passaggio importante che ci spinge tutti a ripensare il nostro approccio verso l’immigrazione e verso quelle morti in mare che si susseguono da anni, rischiando di diventare una macabra routine».
In che senso, un passaggio importante?
«Ora tutti si sono accorti che quei morti sono persone e la cerimonia funebre ha voluto concretizzare questo: per la prima volta si è tenuta una cerimonia ufficiale per persone nate altrove e che non hanno nazionalità italiana».
Ma non sarebbe stato più giusto un funerale di Stato?
«Non vorrei soffermarmi troppo sulle polemiche, dietro i funerali di Stato c’è tutta una burocrazia che si deve muovere. Non credo sia questo il punto più importante: voglio ribadire invece che ai funerali di Agrigento c’erano le istituzioni italiane, impegnate in una cerimonia
ufficiale».
Ma mancavano i sopravvissuti alla tragedia e i famigliari delle vittime. E il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, ha parlato di una cerimonia che sa di «falsità».
«Sia chiaro, ogni critica costruttiva è legittima. E nei momenti di dolore può anche esplodere la rabbia delle persone. Ma preferisco non entrare
nelle polemiche. I cambiamenti culturali profondi sono lenti e quello di oggi non è stato un passo falso, ma un momento importante per il nostro Paese».
Non si è rischiato di ridurre i funerali a una passerella di ministri?
«Nessun rappresentate di governo ha preso la parola. È stato invece un momento di dialogo interreligioso, hanno parlato solo i rappresentanti delle varie confessioni, nel rispetto di tutti. Ripeto, le polemiche rischiano di far passare in secondo piano il messaggio che da Agrigento arriva all’Europa intera: l’Italia è un Paese che sta, seppure faticosamente, cercando di cambiare».
La tragedia di Lampedusa ha cambiato tutto?
«Sì, quella tragedia è per tutti una spinta a fare di più, a guardare in faccia la realtà. Per me è un motivo in più d’urgenza per compiere fino in fondo il mio dovere da ministro».
Il sindaco di Lampedusa chiede che il 3 ottobre, data del tragico naufragio, diventi un giorno della memoria.
«Non mi dispiacerebbe se quella data diventasse un’occasione per ricordare le vittime del mare. Deve essere però una scelta condivisa all’interno di un percorso, già cominciato, di approccio diverso a tutto il fenomeno dell’immigrazione».
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