by Sergio Segio | 23 Ottobre 2013 7:35
ROMA — Sarà il match più duro della legge di Stabilità. Si pagava di più con la vecchia Imu, o con la nuova Tasi, la tassa sui servizi indivisibili? La Uil servizio politiche territoriali ha sfornato le sue prime proiezioni complete: nel confronto con l’Imu 2012, la Tasi sarà vincente solo se i Comuni terranno le aliquote inchiodate all’1 per mille. Se invece, come sembrano orientate molte grandi città, le aliquote saliranno al tetto massimo del 2,5 per mille, la mancanza di detrazioni di base e per i figli sarà decisiva, e si rischiano aumenti del 96 per cento.
Le due tasse sono «cugine»: hanno la stessa base imponibile, ovvero la rendita catastale. Ma la somiglianza finisce qui. Le aliquote sono diverse: 4 per mille l’Imu, aumentabile fino al 6 dai Comuni e 1 per mille per la Tasi, aumentabile dai Municipi fino al 2,5 per mille. La Tasi, dunque, costa meno in termini di aliquote, ma non concede la possibilità ai contribuenti di beneficiare delle detrazioni di base di 200 euro e di quelle per i figli. Ovvero, quello che si guadagna con l’aliquota più bassa si può perdere per la mancanza di detrazioni, visto che la base imponibile è la stessa. Non tutti ritengono tuttavia il ritorno delle detrazioni familiari la soluzione giusta: «Solo legando la Tasi al reddito Isee si potrà avere maggiore equità», dichiara Guglielmo Loy, segretario confederale della Uil che fa riferimento a single e pensionati.
Il rapporto della Uil servizio politiche territoriali rileva che solo mettendo a raffronto l’Imu 2012 con la Tasi ad aliquota-base, cioè al netto dell’intervento dei Comuni, ci si può aspettare un vantaggio. La simulazione è fatta sulla media delle abitazioni A/2 e A/3, la tipologia di appartamenti più diffusa (in queste categorie ci sono 15 milioni di abitazioni) e si considera una famiglia con un figlio a carico. Ebbene se si confronta l’aliquota media effettiva del 2012 dell’Imu, compresa la maggiorazione municipale (ovvero il 4,43 per mille totale) con una Tasi che rimane inchiodata all’1 per mille, il vantaggio per il 2014 è del 21,8 per cento (20 euro in media). Tuttavia se i Comuni porteranno l’aliquota al 2,5 per mille, la famiglia media che pagava 101 euro dovrà pagare quasi il doppio, 198 euro. Il confronto città per città è più variegato: di fatto nei Comuni dove l’Imu era bassa (Milano e Bologna) se si applicherà il tetto massimo del 2,5 per mille si conferma che con la Tasi si pagherà di più; solo dove l’aliquota era alta ci saranno dei vantaggi.
L’altra differenza Imu-Tasi riguarda le finalità della tassa: l’Imu è una semplice patrimoniale, la Tasi invece è statutariamente destinata a finanziarie i «servizi indivisibili», cioè anagrafe e illuminazione. Questo aspetto è importante: i «fan» della Tasi fanno notare che la nuova tassa non si deve confrontare con la sola Imu, ma anche con quella piccola parte già destinata a finanziare i servizi indivisibili (30 centesimi al metro quadrato) che era stata «aggiunta» alla tassa sui rifiuti e che per quest’anno dovremo pagare. Dunque si dice: non solo la Tasi è più leggera ma evita anche di pagare il «balzello» sui servizi annesso ai rifiuti.
Un confronto più omogeneo si può fare con il 2013 (senza considerare che l’Imu è stata congelata) ma prendendo l’aliquota media effettiva deliberata dai Comuni (4,63 per mille) e tenendo conto, soprattutto, del peso della parte servizi della Tares. Anche in questo confronto “virtuale”, tuttavia, la nuova Tasi vince solo se l’aliquota resta all’1 per mille, se sale niente da fare.
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