Respinti umanamente

by Sergio Segio | 15 Ottobre 2013 9:54

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ROMA. Verranno utilizzati anche i droni per individuare i barconi carichi di immigrati che navigano nel Mediterraneo. Gli aerei senza pilota fanno parte della missione «Mare sicuro» varata ieri da palazzo Chigi e che prevede l’impiego di quattro navi della Marina Militare, due pattugliatori e due fregate, ma anche di una nave anfibia con elicotteri a lungo raggio, un ospedale e ampi spazi per il ricovero dei naufraghi. La missione potrà inoltre contare su due elicotteri Eh101 della Marina militare dotati di strumenti ottici a infrarossi e radar di ricerca di superficie, un velivolo P180 anch’esso dotato di tecnologia per la visione notturna, un’unità navale da trasporto costiero, un velivolo di pattugliamento marittimo che partirà dalla base di Sigonella, e sarà coordinata dal Comando forze navali Marina militare che ha base a Roma.
Dopo aver promesso di intervenire in tempi rapidi per mettere fine ai naufragi nel Canale di Sicilia, ieri Enrico Letta ha presieduto un vertice sull’immigrazione al quale hanno partecipato i ministri degli Interni Alfano, degli Esteri Bonino e della Difesa Mauro, insieme al sottosegretario con delega ai servizi segreti Marco Minniti e all’ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, capo di Stato maggiore della Difesa. Ma che quella che prenderà il via oggi sia una vera missione umanitaria oppure una versione solo più umana e decente dei respingimenti in mare è ancora tutto da vedere. Non è sicuro, infatti, che una volta soccorsi in mare gli immigrati verranno poi fatti sbarcare in Italia. «Ci sono le regole del diritto internazionale della navigazione», ha tenuto a precisare il ministro degli Interni Alfano. «Non è detto che se interviene una nave italiana porti i migranti in un porto italiano. Si valuterà in base al luogo dove avverrà l’operazione». Parole che lasciano intendere come tutto dipenda dalle acque in cui un barcone verrà soccorso: se avrà la fortuna di essere intercettato in quelle italiane probabilmente verrà accompagnato fino alle coste della Sicilia, altrimenti la sua destinazione finale potrebbe essere Malta o, peggio, il ritorno in Libia. Un prezzo che, al di là della buone intenzioni, il premier ha evidentemente dovuto pagare all’alleato del Pdl.
«Mare nostrum» non si limiterà comunque al solo intervento sui barconi in navigazione, ma rientra in una strategia più generale per cercare di arginare le partenze. «Abbiano tre livelli per affrontare i flussi migratori», ha spiegato infatti sempre Alfano. «Il primo è la cooperazione internazionale tendente a fare di tutto perché non partano le navi dei mercanti di morte: il secondo è il controllo della frontiera che è europea: il terzo è l’accoglienza e il dispiegarsi del dispositivo nazionale». I costi dell’operazione sono stati calcolati per ora in un milione e mezzo di euro al mese, anche se, come ha spiegato il ministro della Difesa Mauro, non è escluso che si spenderà di più.
Dal punto di vista politico, con la missione varata ieri Letta ha adesso tutte le carte in regola per chiedere all’Europa di fare la sua parte. E non solo dal punto di vista economico. L’occasione sarà il summit che si terrà il prossimo 24 e 25 ottobre, summit dedicato all’immigrazione e in cui si spera che la Ue possa trovare una politica comune al di là degli interessi nazionali. Tra le questioni da discutere c’è il rafforzamento di Frontex, l’agenzia che ha il compito di presidiare i confini dell’Europa e che Letta vorrebbe avesse una sua base anche in Italia, vista le continue emergenze nel Mediterraneo, ma che però ha già esaurito il budget per il 2013. L’Italia punta però anche ad avere nuovi accordi europei con i paesi d’origine dei migranti, aprendo magari canali legali per l’immigrazione, e tornerà probabilmente a battere ancora per una revisione del regolamento di Dublino, in modo da poter avere una diversa distribuzione dei richiedenti asilo. In discussione anche intese per il contrasto dei network criminali. Un punto quest’ultimo sul quale pesa un’incognita non da poco: la situazione di instabilità politica che regna in Libia ed Egitto, due dei principali punti di partenza dei barconi carichi fino all’impossibile di disperati in fuga da fame e guerra.

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