Nel decreto inaccettabili norme contro i No-Tav
Si tratta di norme assolutamente inaccettabili, che da un lato mirano ad affrontare un problema sociale in termini di pura repressione e militarizzazione del territorio, dall’altro rischiano fortemente di ottenere comunque un effetto contrario, esasperando più che mai ogni tensione. Col ricatto del femminicidio sono state approvate a passo di carica, senza che il parlamento potesse adeguatamente intervenire e correggere, leggi speciali che allargano all’universo mondo le pene sino a ieri previste solo per le zone coperte dal vincolo della segretezza militare e che, di fatto, equiparano l’irruzione nei cantieri Tav alla rapina, aggravata molto pesantemente se compiuta in presenza di minori. Come se in una manifestazione si potesse chiedere la carta d’identità per impedire di partecipare a chi ha meno di 18 anni.
E’ purtroppo lecito il dubbio, e speriamo che si dimostri del tutto infondato, che queste leggi speciali siano state varate con tanta fretta, sempre al riparo del femminicidio, per poter essere applicate già nelle manifestazioni No Tav previste a Roma per questo week-end.
Credo che questa storia riveli non uno ma due guasti, entrambi esiziali. Il primo è la cupa illusione di poter affrontare ogni nodo, ogni problema, ogni conflitto in termini penali. Da questo punto di vista anche la parte del decreto che riguarda effettivamente il femminicidio presenta aspetti molto inquietanti e poco condivisibili, come il capitolo discutibile sulle denunce anonime. Si sta configurando un orizzonte post-berlusconiano tra i meno rassicuranti, ispirato al giustizialismo, all’intolleranza, all’illusione di poter risolvere tutto a colpi di repressione, processi e condanne. Non sarebbe l’uscita da un incubo ma il precipizio in un altro, non meno nero.
Il secondo è la ormai compiuta cancellazione di ogni ruolo del Parlamento. Non si può continuare a parlare di democrazia parlamentare, di istituzioni ammodernate e funzionanti, di partecipazione dal basso alla politica e proseguire nel non mettere in discussione l’uso ormai smodato della decretazione d’urgenza e del voto di fiducia, l’accoppiata diabolica che ha progressivamente smantellato le fondamenta stesse della democrazia parlamentare e annientato ogni forma di partecipazione reale.
Quando la situazione di paralisi nella quale il Paese versa da ormai oltre due anni, con maggioranza finte e non scelte dagli elettori, sarà sempre troppo tardi superata, è da questi due capisaldi, oggi revocati entrambi in dubbio, che una sinistra di trasformazione oltre che di governo dovrà ripartire.
* senatore di Sinistra e libertà
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