by Sergio Segio | 15 Ottobre 2013 9:37
MOSCA — Un intero quartiere della capitale messo a ferro e fuoco domenica sera da gruppi di giovani nazionalisti che volevano «farsi giustizia» dopo l’accoltellamento di un ragazzo. E ieri la risposta delle autorità per placare gli animi: almeno 1.200 caucasici fermati per «indagini», visto che a Biryulyovo (periferia sud di Mosca), tra le case e nelle vie che circondano il mercato all’aperto dove è successo tutto, nessuno ha dubbi: l’assassino è «uno di loro». Uno che viene dalle montagne del sud o dalle steppe dell’est: un caucasico, un chornyj , come dicono qui. Un «nero», un uomo di carnagione scura.
Tutto è iniziato giovedì sera, quando il venticinquenne Yegor Shcherbakov stava tornando a casa assieme alla fidanzata. Sul portone Yegor ha incontrato un uomo. Le telecamere di sorveglianza hanno consentito di ricostruire l’accaduto: poco prima l’uomo, dalle fattezze caucasiche, aveva accompagnato al portone una ragazza e quindi aveva tentato di abbracciarla e baciarla. La donna si era divincolata ed era fuggita nel palazzo, chiudendo la porta dietro di sé. All’arrivo di Shcherbakov, l’uomo ha iniziato a discutere con lui, forse chiedendogli di farlo entrare nel palazzo. Poi ha tirato fuori un coltello. Yegor è fuggito e ha fatto tutto il giro del palazzo per ritornare all’ingresso dove, evidentemente, sperava di liberarsi del suo assalitore. Ma questi lo ha raggiunto e gli ha assestato una pugnalata al cuore, uccidendolo all’istante.
L’accaduto ha impressionato tutti e sabato, ai funerali di Yegor, gli animi si sono infiammati. Così domenica l’intero quartiere è piombato sul locale mercato, frequentato da moltissimi caucasici. Giovani armati di bastoni e spranghe di ferro hanno sfasciato vetrine, incendiato automobili, picchiato chiunque capitasse loro a tiro e avesse la pelle scura. La polizia è intervenuta con le squadre antisommossa, ma solo a fatica è riuscita a riportare un minimo di calma, effettuando anche centinaia di fermi.
Ma il sentimento anti-immigrati è fortissimo in Russia e le autorità debbono tenerne conto. Ieri a fianco degli autori delle incursioni si è subito schierato il leader ultranazionalista Vladimir Zhirinovskij. E anche Aleksej Navalny, uno degli esponenti di punta dell’opposizione democratica, ha rispolverato il suo passato nazionalista chiedendo l’immediata introduzione dell’obbligo del visto per i cittadini delle ex repubbliche sovietiche che oggi entrano liberamente in Russia.
Vladimir Putin, che più volte si è detto contrario a una politica di visti (magari per non danneggiare il suo progetto che mira alla creazione di una grande Unione Doganale, una sorta di ritorno all’Urss) deve comunque stare attento a non scoprirsi a destra, lasciando spazio ai nazionalisti.
L’anno scorso in Russia sono entrati ben un milione e mezzo di cittadini dell’ex Unione Sovietica e un milione di loro hanno ottenuto il permesso di lavoro. Come al solito, gli immigrati servono perché eseguono compiti che nessuno vuole svolgere. Ma creano problemi di sicurezza e riaccendono i sentimenti nazionalisti.
Fabrizio Dragosei
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