by Sergio Segio | 28 Ottobre 2013 6:49
RIO DE JANEIRO — Ancora una volta in Argentina il peronismo scalda i motori per succedere a se stesso. L’eterno e multiforme movimento giustizialista creato dal generale che amava Mussolini, e il cui volto finì poi sulle bandiere rosse dei rivoluzionari Tupamaros; che negli ultimi decenni è riuscito a governare sia in nome del liberismo puro sia del populismo più spinto, sfornando candidati uno contro l’altro e addirittura dinastie (come i Kirchner) senza che le evidenti contraddizioni ne abbiano mai segnato il tramonto. Fu lo stesso Juan Domingo Peron ad ammettere di aver dato vita a qualcosa di sfuggente ed eterno: «Noi peronisti siamo come i gatti: quando la gente ci sente gridare pensa che stiamo litigando. In realtà ci stiamo riproducendo».
L’ultimo partorito della grande famiglia si chiama Sergio Massa, ha 41 anni ed è il vincitore dalla tornata amministrativa di ieri. Gli argentini sono andati alle urne per rinnovare un terzo del Senato e metà della Camera. Passaggio delicato a metà del mandato di Cristina Kirchner, indebolita dalla recente malattia e dal cattivo andamento dell’economia. Se gli exit poll si confermeranno esatti, Massa ha vinto le elezioni nella provincia di Buenos Aires sconfiggendo il candidato di governo, Martin Insaurralde. E’ un collegio elettorale enorme, qui vive quasi il 40% degli argentini: ha sempre deciso gli equilibri in Parlamento e la scelta del presidente. Rafforzato da questo voto, Massa entra di diritto tra i favoriti nelle presidenziali 2015, quando Cristina Kirchner non potrà presentarsi avendo già svolto due mandati.
Esiste, in teoria, la possibilità che il Parlamento uscito dalle elezioni di ieri riesca a ricomporre una maggioranza, anche se risicata, favorevole all’attuale «presidenta». La quale — riprendendosi dallo stop forzato per l’operazione alla testa dello scorso 8 ottobre — potrebbe chiedere di cambiare la Costituzione per tentare la terza elezione. Ma sulle reali condizioni di Cristina il mistero è fitto. I medici le hanno imposto il riposo assoluto e la proibizione di qualunque stress; si dice che non sappia nulla dei recenti scandali di corruzione e nemmeno dell’ennesimo incidente ferroviario a Buenos Aires. Il figlio Maximo l’ha informata a tarda sera dei risultati, con mille precauzioni.
Sergio Massa è il nuovo personaggio pronto a raccogliere la bandiera degli «incorreggibili», come definiva i peronisti lo scrittore Borges. La sua sigla si chiama «Frente Renovador» e si contrappone al «Frente para la Victoria» del lungo potere K. Dalla sua, Massa ha la giovane età e un buon governo nel municipio di Tigre, non lontano dalla capitale, dove è riuscito a diminuire gli indici di violenza, grande preoccupazione degli argentini. Massa ha lavorato con l’attuale capo di Stato, essendone stato alla guida del Gabinetto tra il 2008 e il 2009. E conosce bene i meccanismi di riproduzione della politica nazionale, dove i nomi e le alleanze locali l’hanno sempre vinta su programmi e ideologie. I Kirchner furono un prodotto della palingenesi del peronismo. Nestor, sconosciuto governatore patagonico, vinse le sue prime elezioni nel 2003 dopo essersi allontanato dal padrino peronista Eduardo Duhalde, e sconfiggendo alle urne altri due «compagni» dello stesso partito, il redivivo Carlos Menem e Adolfo Rodriguez Saa. Quattro anni dopo rinunciò alla rielezione in favore della moglie Cristina. Forte della popolarità guadagnata facendo uscire l’Argentina dalla crisi, il sistema di potere K sembrava immune a nuove scissioni. Ma così non è stato.
Con Massa candidato nel 2015, il pendolo del peronismo potrebbe spostarsi nuovamente verso destra: nel suo programma ci sono tagli alla spesa pubblica e la pace con i mercati finanziari dopo il default del 2002. Ma resta da vedere chi potrà raccogliere sul fronte opposto l’eredità dei Kirchner, che godono ancora di ampia popolarità in Argentina. Una cosa è certa: sarà un peronista.
Rocco Cotroneo
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