by Sergio Segio | 28 Ottobre 2013 6:28
È il candidato che ha raccolto più voti (il 33 per cento, con punte da maggioranza assoluta in alcuni circoli milanesi) tra i quattro che si sfidavano. E partiva da sfavorito. Vuoi perché era una sfida «di partito» (votavano solo gli iscritti), vuoi perché i «competitor» (lui li chiama così) erano volti e nomi conosciuti nel partitone milanese. Con Arianna Cavicchioli, per dire, la candidata bersanian-cuperliana, s’erano schierati i sindaci dell’hinterland rosso e, sotto traccia, pure la potentissima Camera del Lavoro. Risultato? Il giovane renziano davanti, Cavicchioli dietro di 300 voti e gli altri a seguire a distanza.
Sabato, a Milano, si sono staccate centinaia di nuove tessere del Pd. Tanto che uno dei candidati sconfitti ha denunciato che tante nuove adesioni sarebbero arrivate a prezzi di saldo (15 euro). Quello delle tessere dell’ultimo minuto è però un caso nazionale. A Roma, al circolo di Trastevere, in trenta hanno chiesto l’iscrizione a pochi minuti dalla chiusura del seggio. Tra tensioni e scambi d’accuse. In Calabria è accaduto il contrario: respinti dalle sezioni gli elettori senza tessera in tasca. A Catania l’elezione provinciale è stata addirittura sospesa per eccesso di polemiche. Roberto Morassut, a nome della commissione congressuale, ha lanciato l’allarme: «In tanti, troppi circoli si verificano situazioni di irregolarità». «Quando c’è un congresso bisogna essere rigorosi nell’applicazione delle regole», il commento di Gianni Cuperlo.
Chi sono i nuovi iscritti al Pd? In gran parte elettori democratici che avevano partecipato alle primarie impegnandosi nei comitati per Renzi. Popolo di centrosinistra che ha poi assistito in silenzio alla «non vittoria» elettorale, ai 101 traditori di Prodi, e via fino alle larghe intese. E che sabato si è messo in fila in una sezione, dove magari non aveva mai messo piede prima, per prendere la tessera e votare. Votare per gli ex rottamatori, in massima parte.
È andata così a Milano e nel resto della Lombardia. A Varese, quelli della «ditta», gli ex bersaniani, sono stati sconfitti da Samuele Astuti. Uno che di Renzi sembra la fotocopia biografica: sindaco anche lui (di Malnate), stessa età (38 anni), stessi trascorsi negli scout cattolici. È lui, dicono, ad aver inventato la battuta che Matteo ripete spesso, quella della sindrome della sinistra italiana che deve smettere d’assomigliare alla nazionale di bob giamaicana: simpatica ma perdente.
Chi è invece Pietro Bussolati? Un trentenne come tanti, a Milano. Liceo scientifico, laurea in Economia a Pavia e master in Bocconi e poi un contratto in Eni. Nel frattempo tanti viaggi, la cooperazione internazionale, una passioncella per il Chiapas e il comandante Marcos. Ieri Bussolati era alla Leopolda: «Ho parlato di Milano come città delle differenze e delle opportunità. E ho ricordato che le innovazioni politiche partono sempre da qui».
Andrea Senesi
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