Lanciano acido dalla finestra su bimbo rom

by Sergio Segio | 16 Ottobre 2013 6:19

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NAPOLI — Claudio sgambetta verso la fontanella accanto al distributore di benzina. Il bimbo rom di un anno e mezzo allunga le manine sotto l’acqua fredda, sorvegliato a vista dalla mamma e dal suo amico benzinaio Renato. Come ogni giorno. Sorride, fino a quando un dolore insopportabile lo scuote: il getto arriva dall’alto, da quel palazzo di quattro piani che incombe sopra di lui. È acido muriatico. E lo investe in pieno: testa, spalle e petto, nuca. Brucia la maglietta, squarcia la carne del bimbo in più punti. Il benzinaio Renato accorre, gli strappa i vestiti di dosso per salvarlo mentre la giovane madre disperata corre ad avvertire il marito, fermo al semaforo poco distante dove — come ogni giorno — vende fazzoletti di carta agli automobilisti. Da una farmacia — dove conoscono mamma e figlio perché spesso regalano loro i pannolini — parte la chiamata al 118, ma i passanti si attivano e chiedono aiuto anche dalla vicina stazione della Circumflegrea, dal negozio di fiori, dal parcheggio dei taxi. Arriva l’ambulanza: Claudio è ustionato, lo ricoverano all’ospedale pediatrico Santobono.
In un primo momento sembra un tragico incidente: qualcuno che ha fatto cadere inavvertitamente l’acido mentre lavava il pavimento del balcone di uno di questi appartamenti al numero 22 di via Andrea Doria 22. Quartiere Fuorigrotta, Napoli. Ben presto si scopre però che non è andata così. È il benzinaio Renato, sconvolto, a spiegare alla polizia: «Macché incidente domestico. Sono due settimane che qualcuno ce l’ha con quel bimbo rom. Con lui e con la madre. Prima gli tiravano soltanto dell’acqua, che poi è diventata acqua sporca, poi ancora candeggina. E ora acido muriatico».
Un crescendo finito con il tentativo di fare davvero del male, molto male, a madre e figlio in un quartiere dove mai nessuno aveva manifestato intolleranza verso i nomadi. Dunque scattano indagini mirate, concentrate su una delle due verticali del palazzo in via Andrea Doria. Quattro piani, quattro famiglie, residenti di media borghesia. La madre di un avvocato e la famiglia di un amministratore di condominio, i genitori di una farmacista e un professore di scuola media. Chi ha gettato l’acido — più o meno il contenuto di una bottiglia o mezzo secchio — vive in un uno di quei quattro appartamenti. Gli agenti sequestrano le bottiglie di acido muriatico che trovano, per confrontarlo con quello gettato sul bambino. Interrogano i residenti in un clima di sdegno generale. Infine, nel tardo pomeriggio e dopo aver ascoltato decine di persone, concentrano i loro sospetti su un giovane che vive con i genitori in un appartamento della verticale sotto accusa e che avrebbe problemi di stabilità psichica. Non abbastanza per denunciarlo. Così, in attesa di ulteriori indagini e altri interrogatori, gli agenti del commissariato San Paolo coordinati dal vice questore Luigi Peluso inviano in Procura l’informativa contro ignoti. Ipotesi di reato: lesioni gravissime.
Il piccolo Claudio viene intanto ricoverato in Chirurgia, ne avrà per venti giorni. Accanto a lui la madre Sonia, che non ha voluto lasciarlo per andare a farsi medicare. È stata colpita anche lei dall’acido, è rimasta ferita a un braccio. «Non ho capito cos’era quel liquido — dice Sonia stringendo tra le braccia il piccolo Claudio, immobile e con la testa completamente fasciata — ma anch’io ho sentito subito quel forte bruciore. Andiamo a Fuorigrotta ogni mattina dal campo della Doganella. Mio marito lavora ai semafori e io sto con il bambino. Ma la gente lì è buona con noi, ci danno da mangiare e dei vestiti quando possono. Perché ci hanno fatto questo? E perché odiano un bimbo così piccolo?».

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