La Turchia accantona i sogni e torna a rivolgersi all’Europa

by Sergio Segio | 23 Ottobre 2013 9:07

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Tuttavia è sicuro che i negoziati fra l’Unione Europea dei 28 Paesi membri e la Turchia, per promuovere quest’ultima al club di Bruxelles, riprenderanno all’inizio di novembre. L’annuncio ufficiale è stato preceduto, via twitter, dalla presidenza di turno lituana.
Era già stato solennemente deciso di scongelare le trattative, completamente paralizzate da tre anni, nello scorso mese di giugno. Ma l’ineffabile Ankara, che sembra maestra nel volersi fare del male, ha fatto di tutto per sabotare il clima propizio che si stava respirando. Le violenze, seguite alla decisione di distruggere il parco di Gezi, hanno infatti prodotto due esiti negativi: uno definitivo e nefasto, con la clamorosa bocciatura di Istanbul, favoritissima per organizzare l’Olimpiade del 2020; uno temporaneo, perché la ripresa dei negoziati con l’Ue è stata ritardata di cinque mesi.
Eppure la Turchia sa bene che, forse per la prima volta da molto tempo, è cresciuto il numero dei Paesi europei che sono pronti a sostenerla. Quantomeno si è assottigliato il numero dei contrari, pur sempre assai potenti. Però in questo momento, con la Ue ormai vicina alle elezioni che potrebbero portare al Parlamento comunitario una falange di euroscettici o addirittura di avversari dell’Unione, è più che mai necessario un salutare scossone. Uno scossone che riporti l’Europa al centro del dibattito politico continentale. Uno scossone utile anche alla Turchia, che dopo le avventure (non certo esaltanti) legate alla strategia di voler diventare un modello democratico per il mondo arabo, ha dovuto segnare il passo. Non è casuale che l’astuto premier Recep Tayyip Erdogan, da perfetto Giano bifronte della politica turca, dopo aver spremuto al massimo il ministro degli esteri Ahmet Davutoglu, alfiere dell’opzione orientale, è tornato a vezzeggiare l’uomo dell’opzione occidentale, Egemen Bagis, ministro per i rapporti con l’Unione Europea.
Come è noto da tempo, l’Ue ha bisogno di Ankara perché vuole essere contagiata dalla straordinaria crescita che si respira sul Bosforo. Mentre troppe Cassandre e forse qualche invidioso sostengono che il boom si sgonfierà rapidamente, la realtà mostra segnali diametralmente opposti. E’ però verissimo che la Turchia ha sempre bisogno di un quadro istituzionale di riferimento, che soltanto l’Unione Europea può garantirle e di cui ha assoluto bisogno per consolidare le riforme.
Per ora, ad essere sinceri, il negoziato per l’adesione, iniziato nel 2005, è sempre fermo ai blocchi di partenza. Sui 35 capitoli del contenzioso, ne sono stati aperti solo 13 e soltanto uno è stato chiuso. Poco, troppo poco, anche perché era svanita la volontà. Bruxelles, su pressione degli scettici (Francia e Germania soprattutto), continuava ad alzare l’asticella delle condizioni: pratica scorretta, perché imposta in corso d’opera. Ma anche Ankara non era da meno, lasciando intendere, a ogni ostacolo, che la Ue non era l’unica opzione, e che avrebbe trovato alternative regionali più disponibili e appaganti.
La storia ha già raccontato gli errori su entrambi i fronti. In politica estera, Erdogan ha preso più di un abbaglio. Si è avvinghiato all’Arabia Saudita, ma è stato poi abbandonato proprio sull’Egitto di Mohammed Morsi: Riad ha frettolosamente abbandonato il presidente defenestrato e si è schierata con i militari. Al contrario del premier turco. Con Israele, Erdogan si è lasciato trascinare dall’ira dopo il brutale assalto dei commandos di Tel Aviv alla flottiglia pacifista, con l’uccisione di nove cittadini turchi. Ma ora si scopre che i servizi segreti di Ankara avrebbero consegnato alla Siria i nomi di dodici agenti iraniani che lavoravano per il Mossad. Quindi, la grave crisi fra i due grandi alleati di Washington (appunto, Israele e Turchia) aveva probabilmente un retroscena di ripicche.
Anche per Ankara, par di capire, le avventure pericolose sono probabilmente finite. L’adesione all’Ue è di là da venire, ma almeno è un obiettivo sul quale si può tornare a lavorare.

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