La sentenza d’Appello al processo per i diritti tv. La difesa: faremo ricorso

by Sergio Segio | 20 Ottobre 2013 15:20

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MILANO — ¬Per conteggiare che l’interdizione di Silvio Berlusconi dai pubblici uffici deve essere di 2 anni, l’udienza ieri in Corte d’appello dura mezz’ora e la camera di consiglio appena un’ora: perché non c’è niente da decidere, ma solo da scegliere a quale parametro aritmetico agganciare il ricalcolo della durata della pena accessoria, ordinato l’1 agosto dalla Cassazione a margine della condanna a 4 anni di Silvio Berlusconi per frode fiscale sui diritti tv Mediaset. Tribunale e Appello milanesi avevano applicato la norma generale e deciso 5 anni di interdizione, la Cassazione aveva invece additato la norma di riferimento in quella speciale sui reati tributari che contempla un minimo di 1 anno e un massimo di 3. Così ieri la nuova Corte d’appello (terza sezione presieduta da Arturo Soprano con a latere Maria Rosaria Mandrioli e Simona Improta) ha scelto di accogliere il parametro proposto dalla pg Laura Bertolè Viale: visto che la Cassazione ha inflitto come pena principale una pena (4 anni di carcere) pari a due terzi di quella massima (6 anni), allora l’Appello-bis commisura anche la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici in 2 anni, cioè nei due terzi del massimo possibile (3 anni).
«Troppi» per i difensori Niccolò Ghedini e Roberto Borgogno (braccio destro del professor Franco Coppi assente ieri), i quali annunciano che in Cassazione riproporranno le due questioni di illegittimità costituzionale propugnate ieri invano. La prima inquadra una parte della legge Severino che, «se ritenuta applicabile retroattivamente», per i legali sarebbe scoordinata e andrebbe a sovrapporsi alla norma del codice sulle misure interdittive temporanee, in un corto circuito tra 6 anni in un caso e 2 anni nell’altro. La seconda questione nasce invece dal fatto che, come informa in aula Ghedini, in settembre Mediaset dopo il verdetto di Cassazione ha definito con il Fisco un «accertamento con adesione» pagando circa 11 milioni per le annate 2002 e 2003 oggetto della condanna di Berlusconi. Il quale però non può beneficiare della connessa esimente dalla pena interdittiva perché il pagamento, per ottenere quell’effetto, avrebbe dovuto essere fatto prima del processo: ma così, lamenta la difesa, Berlusconi sarebbe stato danneggiato dal tardivo adempimento del debito tributario da parte di Mediaset, atto fuori dalla disponibilità dell’ex premier privo, secondo i suoi legali, della possibilità di incidere sulle decisioni dell’azienda.
Luigi Ferrarella

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