La Norvegia dice no al petrolio offshore. E l’Italia?
L’area delle Lofoten era protetta dal 2001, ma negli ultimi non sono state poche le pressioni per aprirla alle ricerche petrolifere tanto da tentare anche il precedente governo di centro-sinistra. Gro Brækken, direttore generale della Norwegian Oil and Gas Association non l’ha presa bene e in un comunicato stampa ha ricordato che i tre quarti dei deputati nel nuovo Parlamento sono stati eletti sulla base di un programma che dice di sì allo studio dell’impatto delle attività petrolifere nelle acque delle Lofoten, Vesterålen e Senja: “È un problema democratico che una netta maggioranza in Parlamento che sostiene di nuovo una tale valutazione di impatto sia soffocata da una piccola minoranza senza rappresentanza parlamentare su di un tema che ha una grande importanza per lo sviluppo del business in questa regione”. La Solberg sembra però aver accettato il compromesso di liberali e democristiani e dovrebbe annunciare i nomi dei ministri del suo nuovo Governo domani, quando inizierà, in maniera inaspettatamente ecologica, il nuovo corso del centro-destra norvegese.
Ma lo stop alla ricerca dell’oro nero norvegese interessa anche le isole Jan Mayen e le aree dell’alto Artico,un ambiente incontaminato che altre potenze, in primis la Russia, sono invece disposte a sfruttare ad ogni costo, anche incarcerando chi tenta di ricordare al mondo i pericoli della ricerca offshore nell’Artico. “I coraggiosi attivisti dell’Arctic Sunrise di Greenpeace che lo scorso mese hanno protestato contro la piattaforma della Gazprom per attirare l’attenzione sulla lenta, ma inesorabile distruzione dell’Artico sono in pericolo – ha affermato Kumi Naidoo, direttore di Greenpeace International – 30 uomini e donne, giovani e meno giovani, hanno fatto qualcosa per impedire questa distruzione”. Ora accusati di pirateria (tra loro anche l’italiano Cristian D’Alessandro) rischiano tutti fino a 15 anni di carcere e a chiedere la liberazione degli attivisti sono al momento oltre un milione di persone nel mondo, tra cui il Nobel per la pace Adolfo Pérez Esquivel, l’attore Ewan McGregor e organizzazioni come Amnesty International e Human Rights Watch.
Le associazioni ambientaliste norvegesi, ben consapevoli dei danni che l’estrazione petrolifera ha fatto in Russia, hanno tutte lodato la coraggiosa decisione della Solberg di smetterla con i progetti petroliferi offshore in aree dove il ghiaccio si sta sciogliendo. “Questa è davvero una notizia fantastica, ed i liberali e i democristiani sono da lodare ed onorare per aver legato a questo la concessione della fiducia al Governo”, ha detto Silje Lundberg, a capo di Nature or Ungdom.No. Anche per Bjørn Kjensli, portavoce di Oil free Lofoten, Vesterålen and Senja, un combattivo comitato locale, non ha dubbi nel ricordare che “Questa è una vittoria per i pescatori, l’ambiente, il clima e le regioni che ora possono continuare a sviluppare attività sostenibili ed orientate al futuro”. Similmente anche Mariagrazia Midulla, responsabile clima ed energia del Wwf Italia, ha sottolineato come “La vittoria norvegese non è solo una vittoria per tutti gli ambientalisti che, con il Wwf Norvegia, si battono da anni per la protezione delle Lofoten. È prima di tutto una grande vittoria per una natura incredibile, per i merluzzi, per gli uccelli marini, per la più grande barriera corallina d’acqua fredda del mondo. Ed è anche la speranza di perpetuare questo valore per il futuro, creando posti di lavoro e favorendo la transizione verso una società rinnovabile al 100% a cominciare con le aree più preziose per la natura e per i tanti esseri umani che vivono della loro bellezza e delle ricchezze che producono”.
Si tratta quindi di un importante precedente che mette il valore della natura prima del profitto e che non sembra, per il momento, aver contagiato l’Italia dove nell’area del Canale di Sicilia e dell’Isola di Pantelleria il Wwf sta chiedendo a gran voce la creazione di un’area protetta “Oil e gas free” attraverso la campagna e raccolta firme “Sicilia: il Petrolio mi sta stretto”, legata al più generale impegno per ridurre drasticamente la produzione e l’uso dei combustibili fossili e focalizzata sull’immenso valore naturalistico, storico e paesaggistico dell’area. Per Marco Costantini, responsabile Mare del Wwf Italia, “Pantelleria è un Eden in mezzo al mare. Attorno all’isola quest’estate si sono viste centinaia di tartarughe marine, due balenottere, le mobule, ovvero le mante del Mediterraneo, tonni e pesci di ogni tipo. È stata sorvolata da fenicotteri, cicogne, falchi, aquile addirittura di provenienza asiatica dirette in Africa”. Si tratta di paradiso di biodiversità e bellezza che rischia di essere malamente sporcata dagli sversamenti routinari o da possibili incidenti, perché ha spiegato Costantini “A ridosso di Pantelleria, una concessione per l’estrazione petrolifera data prima del 2010 non è scomparsa con l’applicazione del Decreto Passera, la cui applicazione tanto pomposamente è stata comunicata dal Ministero dello Sviluppo Economico. Nulla è cambiato, Pantelleria rimane minacciata da future estrazioni petrolifere. Quando il governo italiano fermerà questo illogico sfruttamento attorno ad un’isola di una bellezza stordente? Quando potremmo dire con orgoglio che l’Italia è come la Norvegia?”.
Quando se lo chiedono anche le istituzioni e il Comitato No Petrolio in Alta Irpinia dove è ancora attivo il “Progetto Nusco”, una procedura autorizzativa in materia di attività di ricerca petrolifera e coltivazione di idrocarburi che ha come obiettivo principale quello di stabilire se i vasti giacimenti lucani siano estesi anche al sottosuolo dell’Alta Irpinia e della Valle Ufita. Un progetto invasivo e pericoloso visto l’alto rischio sismico della zona e che al momento pare non potrà essere né congelata, né interrotta. Il Governo Letta, infatti, prende tempo “non potendo interferire in un percorso che non ha avviato ancora nessuna attività di trivellazione, ma si riserva di valutarne le risultanze che dovranno concludersi fra tre o quattro mesi”. Cosa accadrà in futuro in Italia? Al di là di quello che sarà l’esito del procedimento in Irpinia, si annuncia, come per il mare, un riordino dei criteri sul rilascio dei permessi di ricerca di idrocarburi in terraferma, che segue un doppio scopo: da una parte si tende alla liberalizzazione della ricerca, e dall’altra si lavora per un inasprimento delle norme a tutela della sicurezza ambientale e dell’ecosistema. La Norvegia è ancora distante, non solo sulla carta geografica.
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