La banca di Verdini e quei pagamenti in nero
ROMA – Impossibile non fare un salto sulla sedia quando Denis Verdini ammette davanti alla telecamera di aver ricevuto un pagamento in nero. Ottocentomila euro per un terreno venduto a un muratore di Palermo trapiantato a Campi Bisenzio, alle porte di Firenze. «Un’operazione», dice, «che per fortuna risale a tantissimi anni fa». Il 1989, quando il protagonista di questa vicenda non era ancora uno degli uomini politici più potenti d’Italia, senatore e coordinatore del partito di Silvio Berlusconi. E poi, si giustifica, «come si fa normalmente nella vita, se tu nel contratto scrivi dieci e invece è venti…». Anche se proprio normale non è, soprattutto se poi i soldi il suo debitore li prende dalla banca della quale il senatore in questione è anche il dominus, il Credito cooperativo fiorentino.
Come non è normale che un signore al centro di mille misteri e con seri precedenti penali dia 800 mila euro al senatore in questione come contributo per il suo giornale claudicante. Si chiama Flavio Carboni, e in quel momento ha in ballo un investimento eolico in Sardegna che incontra difficoltà perché il governatore pidiellino Ugo Cappellacci ha deciso di cambiare le regole. «Era interessato ad aprire le pagine in Sardegna», dice il coordinatore del Pdl. «Ma cosa me ne fregava? Chiamavo frequentemente Verdini perché insistesse su Cappellacci per, diciamo così, applicare la legge. La legge del suo predecessore», è la versione di Carboni. Che adesso vuole il denaro indietro.
Sono due frammenti del lungo servizio di Sigfrido Ranucci che stasera va in onda su Rai tre per Report di Milena Gabanelli nel quale si ricostruisce l’incredibile scalata di Verdini ai vertici del potere politico. È lui che nel partito stabilisce nomine e incarichi. È lui che decide chi occupa un seggio in Parlamento grazie al famigerato Porcellum che porta anche il suo marchio, essendo copiato dalla legge elettorale della rossa Toscana frutto di un accordo fra Verdini e la sinistra. È lui che s’impegna per difendere Berlusconi dall’«assedio» dei magistrati…
Viene da una famiglia povera e nessuno lo aiuta. Ma nella capacità di creare cortocircuiti fra la politica e gli affari è quasi imbattibile. In pochi anni mette insieme una fortuna, dalle attività editoriali alle proprietà immobiliari: ne ha pure in Svizzera, a Crans Montana. Tutto ruota intorno a una piccola banca, il Credito cooperativo di Campi Bisenzio. Da quel piccolo istituto arrivano i soldi per gli imprenditori amici e soci di Verdini impegnati negli appalti pubblici, quale il costruttore Riccardo Fusi, che sarà coinvolto nelle inchieste sulla Cricca. Arrivano anche i finanziamenti per i compagni di partito in difficoltà, come il senatore Marcello Dell’Utri. E arrivano anche i denari per alimentare le attività dell’editore Verdini. Al punto che quando interviene la Vigilanza salta fuori che fra i più esposti con la banca della quale è presidente da tempo immemore c’è proprio lui. Dodici milioni di euro, per l’esattezza. «Deve rientrare», commenta Milena Gabanelli, «e qui si mobilita l’esercito della salvezza. Il compagno di partito Antonio Angelucci ha fatto partire dal suo conto in Lussemburgo circa 10 milioni e in pegno si prende le due ville in Toscana. Si mobilita anche Riccardo Conti, il parlamentare Pdl diventato noto per aver comprato il palazzo di via della Stamperia a Roma per 26 milioni, rivenduto nella stessa giornata a 44, e in quello stesso giorno stacca anche un assegno alla signora Verdini per un milione 150 mila euro. Sette milioni e mezzo invece arrivano da Veneto Banca. Ma chi garantisce?». Le garanzie, spiega Ranucci, vengono nientemeno che da Berlusconi.
Vi chiederete: com’è possibile che un senatore in carica gestisca una banca, che per giunta presta quattrini a lui stesso, ai politici e a discussi imprenditori? La legge in effetti lo vieta, ma siccome c’è una deroga per le cooperative, e quella di Campi Bisenzio è una coop pur essendo una banca commerciale a tutti gli effetti, non ci sono ostacoli formali. Una sovrapposizione di ruolo inconcepibile in qualunque Paese normale, che lui però non fa nulla per nascondere. Anzi. È proprio quella la sua forza. Per i cento anni del Credito di Campi Bisenzio organizza perfino una grande festa con un testimonial d’eccezione: Rosario Fiorello. Qualche mese dopo l’istituto viene commissariato. E il Fondo di garanzia delle Bcc tappa il buco. Milena Gabanelli ricorda che i commissari hanno chiesto ai manager del Credito cooperativo un risarcimento danni di 44 milioni. E i guai sono appena cominciati. Domani è prevista l’udienza preliminare del procedimento per presunta truffa allo Stato nel quale è coinvolto Verdini per i finanziamenti pubblici incassati dal gruppo editoriale del suo «Giornale della Toscana» .
Sergio Rizzo
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