by Sergio Segio | 7 Ottobre 2013 6:11
LA STAGIONE delle nomine a Bruxelles sta per aprirsi con un convitato di pietra che in passato si faceva sentire meno: gli elettori. Josè Manuel Durao Barroso, l’attuale presidente della Commissione europea, fu eletto nel 2004 e riconfermato nel 2009 sulla base di un accordo fra presidenti e primi ministri nel segreto di una stanza. Fu così anche per Romano Prodi, Jacques Santer, Jacques Delors e ciascuno dei loro predecessori dal 1958.
Questa volta invece rischia di andare diversamente. I candidati di prima fila solo il tedesco Martin Schulz per il partito socialista europeo (Pse) e il francese Michel Barnier per i popolari (Ppe). Ma la novità del 2014 può rivelarsi il modo in cui sarà fatta la scelta, più ancora dei nomi. Da tempo nel parlamento Ue si fa strada l’idea che il successore di Barroso debba essere vincolato all’esito delle europee del maggio 2014. Ogni grande cartello politico europeo dovrebbe indicare prima il suo candidato alla guida della Commissione, dunque gli elettori saprebbero che quando vanno alle urne si esprimono indirettamente anche sul suo nome. Il Consiglio europeo, dove siedono i premier e i capi di Stato, nominerebbe poi il candidato del partito di maggioranza.
Fin qui la teoria, che piace soprattutto nel centrosinistra. Sarebbe un’iniezione di democrazia (quasi) diretta in una Bruxelles accusata di essere il dominio dei tecnocrati. Ma i popolari europei, a partire da Angela Merkel, sono più cauti. Molti fra i primi ministri temono di perdere il controllo su una
nomina che, in termini legali, spetta a loro. Altri sospettano che sottolineare l’identità politica del successore di Barroso rischia di renderlo meno credibile come custode delle regole.
Dietro ogni procedura d’infrazione qualcuno potrebbe sospettare un movente di parte.
Ma il Pse ha almeno due leve per mettere pressione su Merkel e la prima è proprio Schulz. L’uomo che Silvio Berlusconi insultò nel 2003, presidente del parlamento europeo, sarà oggetto di trattative nei colloqui sulla grande coalizione in Germania. La Spd chiede a Merkel un impegno perché Berlino lo proponga come commissario a Bruxelles. Ma Schulz è anche candidato di punta per le primarie europee sul presidente della Commissione che il Pse terrà in ciascun paese dell’Unione in inverno. Questa può diventare la seconda leva del Pse: se il Pse avrà la maggioranza relativa a Strasburgo e il Consiglio europeo propone un leader della Commissione diverso dal suo candidato, l’europarlamento può bloccarne la conferma. I premier e i capi di Stato dovranno tenerne conto. Anche per questo Barnier, oggi commissario al Mercato interno, ha già lanciato la sua campagna come nome forte del Ppe. Ciò lascia fuori ovviamente l’altra nomina di rilievo del 2014: quella a presidente del Consiglio europeo stesso, dopo Herman Van Rompuy. Poiché il prescelto dev’essere un ex capo di governo, Mario Monti resta fra i candidati. Peraltro, è probabile che emerga anche un nome forte dall’Europa centroorientale, ancora a corto di poltrone europee di alto profilo.
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