Il fondatore del sito Cryptome “Obama non poteva non sapere”

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NEW YORK — «Barack Obama non sapeva che la Nsa spiava Angela Merkel? Ma no, questo non è credibile». John Young non accetta la versione ufficiale. Young è il pioniere delle fughe di notizie segrete nell’èra digitale. L’ispiratore di WikiLeaks
ante litteram.
A 77 anni, è un maestro delle tecnologie, fondò nel 1996 Cryptome: un deposito di 70.000 documenti (ex) riservati che lui ha messo a disposizione dell’opinione pubblica. Ci sono elenchi di agenti segreti, foto ad alta risoluzione di impianti nucleari compreso Fukushima, immagini di stragi in Iraq e Afghanistan. Lui si è sempre rifiutato di diventare una star come Julian Assange, opera con un budget di 2.000 dollari all’anno, ma nel mondo del giornalismo investigativo è circondato dal rispetto.
Lei non crede che Obama fosse ignaro dei 35 leader stranieri sotto vigilanza?
«Questa è la versione standard che serve a proteggere il presidente. Succede in tutte le nazioni. L’unica verità sullo spionaggio è la menzogna, la dissimulazione, la distorsione, le finte scuse.
Fa parte del ruolo dei leader nazionali, e dei loro fedeli servitori ».
Obama secondo lei non è diverso dai suoi predecessori?
«Si è arreso all’influenza potente della Istituzione della Presidenza. Non c’è modo di evitarlo. Il collante decisivo di questa istituzione è la segretezza. Una volta che entri nel mondo della segretezza non c’è via d’uscita. Nessuno può dire la verità su quel che accade in quel mondo chiuso».
Diversi governi europei hanno reagito con allarme alle rivelazioni sull’ampiezza dello spionaggio americano ai loro danni. Obama sembra disposto ad offrire agli alleati più stretti un accordo di non spionaggio reciproco. Secondo lei qualcosa cambierà?
«Ci saranno degli aggiustamenti, per sondare l’accettazione delle opinioni pubbliche. Audizioni, conferenze stampa, discorsi pubblici, interventi pilotati, fughe di notizie di varia natura.
Ogni leader di governo, ogni agenzia di spionaggio, tante exspie: ognuno avrà diritto alla sua performance. Queste sceneggiate parallele sono già in corso e continueranno finché c’è qualche interesse del pubblico. Seguirà un declino d’interesse, e un nuovo
status quo.
Se l’interesse del pubblico dovesse rimanere elevato per tanto tempo, ci sarà qualche capro espiatorio destinato al sacrificio».
Anche nel partito democratico Usa, molti dicono: viviamo in un mondo pericoloso, pieno di nemici pronti ad attaccare l’America e i suoi alleati. Sarebbe ingenuo credere che si possa fare a meno della protezione di una vasta rete di spionaggio.
«Non c’è giustificazione migliore, per la sicurezza nazionale perseguita attraverso i segreti. È un’antica tradizione, serve a proteggere il potere e i privilegi, e sotto questo profilo le democrazie non sono molto diverse dalle dittature. Ogni sistema di governo finisce con l’adottare una segretezza eccessiva: è fondamentale, per sottrarsi alla responsabilità verso i cittadini. Questa mancanza di accountability,
di responsabilità, è irresistibile per i leader politici di ogni colore. Più una nazione è potente, più dipende da una segretezza eccessiva, e sente il bisogno di spiare nemici, amici, cittadini, se stessa. Ma alla fine la paranoia è debilitante».
A differenza di Assange, lei non è mai diventato una star. Cosa vi distingue?
«La trasformazione in celebrità, è manipolazione e controllo. Assange lo riconosce, ma non ha potuto né voluto sottrarsi. Cryptome non gestisce “fughe” di notizie. Siamo una libera biblioteca, senza capi e senza interessi economici alle spalle».


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