IL CIMITERO DEI REIETTI

by Sergio Segio | 17 Ottobre 2013 7:43

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Ravanare nei morti. Interrogarsi sul loro destino e quale debba essere la sorte di chi, con una metafora linguistica, se ne è andato dall’altra parte. Restando comunque di qua come ingombro. Sotto forma di culto, col rispetto dovuto alla mitizzazione delle salme, gli ancora non ammessi per sorte ai funebri recinti, si dedicano con fervoroso impegno a pratiche che, se non fossero blandamente sinistre, somiglierebbero al gioco dell’oca. Dando luogo a ineffabili storie di traslazioni, riesumazioni di bare, di salme, ossa, ceneri, materiali trafficati dai viventi nell’insistenza strenua, quanto inutile, di conferire un ordine possibile a quegli strani “oggetti” che sono l’avanzo di quanti c’erano fino a ieri. Intanto, col dovuto rispetto, liberarsi dell’ingombro.
Certo, il cimitero, luogo deputato. Ma quale? Dove? In che maniera? Tomba gentilizia, campo dei poveri, forno inceneritore… E qual tipo di monumento secondo la categoria comportamentale dell’estinto. Se illustre posto tra marmi solenni, con imperituri e ammirabili memorial.
Ma vi sono anche salme da nascondere. Urtano le coscienze. Potrebbero dar luogo a devozioni nefaste. Mettiamola così. Se c’è un posto da culto divinato questo è a Parigi, chez Pére Lachaise. Sulla tomba in forma di francobollo dove sta l’avanzo di quel deprecabile scandaloso che fu Re Lucertola, al secolo Jim Morrison. Per lui “la gloria dell’urna” è déjeuneur avec l’herbe, party con joint rollati sulla sua lapidina. I vivi si mitizzano come possono. Così i cimiteri. Parigi si autocelebra città centro del mondo. E Pére Lachaise è il centro di Parigi. Il mondo avrebbe quindi il suo punto geodetico in un cimitero.
D’altra parte, il pianeta Terra, da che mondo è mondo, e da cui da morto sembra non sia mai “evaso” nessuno, è un totale cimitero che vaga per l’universo. Siamo tutti qui da quando spirò il primo umano e fu inumato “nel mondo”. Almeno. Torniamo sulla terra. Sottoterra semmai. Dove in realtà si seppellisce ciò che si vuole nascondere. E i superstiti parenti, collaterali, amici, devoti di tipi estinti che è bene dimenticare per efferate malefatte compiute in vita, talvolta si trovano nell’impiccio di far sparire corpo e memoria. Complicato. A Gonards, nei pressi di Versailles, accanto al benefico ravissant di aristocratiche sepolture, separato da un cancello rugginoso sempre chiuso, un angolo infestato di rovi ospita ciò che resta dei decollati. Quelli che la giustizia fece passare per la cruna della ghigliottina. I biasimevoli solenni. Qui vi devono ancora essere le polveri di Henri-Désiré Landru, celeberrimo assassino seriale. Stanno in qualche anfratto con un casuale pseudonimo inciso sulla lapide. Onde evitare emulazioni in qualche disturbato. Meglio, se si può dire, del cimitero degli ergastolani nell’isola di Santo Stefano, Ventotene. Vi sono sepolti in quarantasette. Tra questi il regicida Gaetano Bresci. Tombe rigorosamente anonime. Gente cancellata dal consesso civile. Anche da morti… Al pari dei giustiziati negli States. “Nascosti” in una anonima isoletta alle foci dell’Hudson. La medesima dove vengono glorificati gli sgargianti rifiuti prodotti dalla rutilante Manhattan. Sempre e comunque “scarti” di esistenza.

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