Il Cavaliere sotto assedio: io pugnalato

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ROMA — I falchi lo chiamano «il giorno del tradimento», e a fine serata — ancora rinchiuso a Palazzo Grazioli con lo stato maggiore del partito che gli è fedele — Silvio Berlusconi si sente pugnalato. Dal suo «Angelino», al quale «ho dato tutto», che adesso lo ripaga con un aut aut micidiale: «Presidente, o votiamo tutti insieme la fiducia al governo, o noi non ti seguiremo e ci staccheremo. E siamo tanti».
Alla fine, alle dieci di sera, la decisione però è presa: «Basta, si vota la sfiducia, non si torna indietro. Si sono fatti respingere le dimissioni da Letta senza nemmeno avvertirmi, con me hanno chiuso, lo vedranno… E vedranno anche quanti davvero mi voteranno contro…», ha dato l’ordine Berlusconi. Ma nella notte, e nella lunga mattinata, tutto potrebbe ancora cambiare. Pesi, numeri e decisioni. Con un’unica certezza: «Si va a una crisi al buio, e con il partito ormai spaccato» dice un fedelissimo di Berlusconi che pure non condivide la deriva, ma che come tanti altri gli sarà «accanto, perché così deve essere».
Insomma, è possibile che ci siano altri strascichi al tira e molla che va avanti da 48 ore, e che conferma quanto il vecchio leader abbia tirato la corda, comunque finisca: potrebbe accettare di perdere la faccia e acconciarsi alla fiducia per il «bene del Paese, presidente», come gli chiedono le colombe? Nella lunga riunione iniziata ieri pomeriggio alle sei, alla quale alla fine non sono nemmeno più andati i ministri ribelli (tranne la De Girolamo) e ormai considerati fuori dal Pdl — in conclave a loro volta con un Gianni Letta che descrivono «disperato» —, Renato Schifani e Maurizio Gasparri lo pregavano: «Ragioniamo, troviamo una via d’uscita, facciamo prevalere la saggezza. Spaccare il partito indebolirebbe noi e soprattutto te». E le telefonate per cercare di convincerlo sono arrivate anche dall’estero, da chi come Josè Manuel Barroso ha voluto parlargli «da amico ad amico, state attenti, la situazione è delicatissima…».
Ma Berlusconi, impegnato nella sua ultima, disperata battaglia, ieri sera ancora teneva duro sul no al governo, impegnato perfino in telefonate personali a tutti o quasi i senatori per convincerli, giurano. Fallita la trattativa per strappare a Letta qualcosa di concreto che potesse spendersi per rientrare nel gioco della fiducia e poi magari rimandare il voto di qualche mese, ha capito che il bivio è strettissimo: non mollare di un centimetro, rischiando la spaccatura del partito e perfino una frana che decreterebbe un’ingloriosa fine politica, o cedere e portare tutto il Pdl sulla fiducia, ma a un prezzo forse perfino più alto. Perché dopo aver rinnovato anche ieri, attraverso l’anticipazione di una lettera al settimanale Tempi, le sue accuse durissime a Letta e Napolitano che «non hanno fermato il mio assassinio politico, e dunque sono inaffidabili», dopo aver ribadito che «nonostante i rischi, l’esperienza di questo governo per noi è chiusa», tornare indietro sarebbe una resa incondizionata che decreterebbe la fine definitiva della sua leadership.
Ecco dunque il perché della strenua resistenza, alimentata dai conti dei falchi. Nel vertice dove pian piano sono affluiti i più duri dei duri — oltre a Verdini e Ghedini e Brunetta, anche Santanchè, Capezzone, Miccichè — i calcoli sui possibili «traditori» danno numeri molto diversi da quelli sbandierati nel pomeriggio da Giovanardi: «Presidente — assicurava Verdini — Alfano si porta dietro, a quest’ora, tra gli 8 e i 15 senatori. E di questi, voglio vedere quanti domani (oggi, ndr) avranno il coraggio, mentre li guardi in faccia, di votare contro di te… Se arrivano a 7 è tanto…».
E comunque «tu non hai niente da perdere», gli hanno ripetuto, perché «anche da leader dell’opposizione otterresti più di quanto hai ora: quei traditori faranno la fine di Fini». E c’è sempre la carta Marina da giocare, seduzione mai scemata, ieri tornata, carta a sorpresa o illusione che sia. Perché i sondaggi calano ma «la mia battaglia è appena iniziata», promette il Cavaliere. Pensando anche ai nuovi nemici, ai figliocci che gli hanno voltato le spalle, a un passato che sembra lontano anni luce, in questa notte che non finisce mai.
Paola Di Caro


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