Il Cavaliere: comunque vado avanti Ma tutto si gioca sulla decadenza

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ROMA — La notizia la riceve ad Arcore e — pur aspettandosela — ancora una volta gli guasta e parecchio l’umore. Perché una cosa è sapere che la sentenza sulla sua interdizione arriverà, altra che arrivi davvero, in un paio d’ore. Sancendo una volta per tutte (in attesa di un probabile ricorso) la sua uscita dalla vita pubblica.
Ancora un colpo, ancora una prova della persecuzione giudiziaria contro di lui, ancora accanimento, è il giudizio di Silvio Berlusconi. Anche se i due anni sono considerati nel suo entourage una pena prevedibile e difficilmente attaccabile, la pioggia di dichiarazione degli esponenti del suo partito — tutti — ha fatto piacere al Cavaliere. Che mai come in queste settimane ha bisogno di sentire i suoi vicini, pronti a combattere per lui, uniti per difenderlo.
In tanti — a partire dal vicepremier — lo hanno chiamato per assicurargli che lo faranno, dell’una e dell’altra delle aree del partito in guerra. E a tutti l’ex premier è apparso ferito, ma sempre deciso ad «andare avanti». In quale direzione però, ancora nessuno è in grado di scommettere.
Quel che pare è che, nei prossimi giorni, dovrebbe reggere quella sorta di tregua che si è stabilita da quando, con l’incontro a pranzo tra lui, Mario Mauro e Alfano, Berlusconi ha aperto una breccia nel fronte centrista «tagliando fuori Monti», cosa della quale è pienamente soddisfatto. Mossa che potrebbe far presagire nuovi scenari, ma che pure ne lascia aperti altri. Raccontano infatti che il Cavaliere ritenga positivo il riavvicinamento con i moderati di Scelta civica almeno per tre ragioni: la prima è che, in vista di alleanze future, riconquistare spazio al centro è fondamentale. La seconda è che un ancoraggio al Ppe — al quale si ispirano esplicitamente gli Innovatori di Alfano, Lupi, Quagliariello, Schifani — gli serve per mantenere il suo partito nel quadro europeo, anche a seguito della sua condanna ed eventualmente del passaggio contestuale a Forza Italia. Terzo, perché anche il gruppo di Mauro e dei suoi potrebbe essere utile per evitare, rallentare, depotenziare quel voto sulla decadenza che a breve arriverà. E che resta il possibile punto di svolta della legislatura, a meno che Berlusconi non decida di rinunciare al ricorso in Cassazione sull’interdizione (Ghedini lo vuole, Coppi sarebbe scettico) facendo in modo che arrivi prima il verdetto della legge che non il voto sulla Severino.
È vero infatti che Berlusconi a un salvataggio in extremis crede poco. Continua ad essere infuriato con il Pd, ad avercela con Napolitano che per lui, ripete, non ha fatto nulla. E vede quasi impossibile rovesciare l’esito di un voto in Aula, o evitarlo. E però, la speranza resta l’ultima a morire.
Alfano e i suoi vedono con favore il fatto che la loro iniziativa di avvicinamento al centro non sia stata da lui minimamente frenata, e si sentono oggi più forti. Ma i lealisti e i falchi non danno nulla per scontato, e raccontano invece di un Berlusconi che in privato parlerebbe in modo «molto duro» di Alfano e della compagine governativa, perché «sa bene che sono lì pronti a tradirlo e già lo hanno fatto». Un Berlusconi che, giurano, aspetta solo di capire bene i contenuti reali della legge di Stabilità e l’atteggiamento finale sul suo destino prima di far saltare il banco.
«Se si arriva al voto sulla decadenza senza sue dimissioni preventive, ad oggi molto improbabili, tutto può succedere», ammettono anche nelle file dei governativi, ben sapendo che il via libera definitivo al governo Berlusconi non l’ha affatto dato. E che, se chiedesse ai ministri di lasciare il governo «perché non possiamo stare con i miei carnefici», sarebbe difficilissimo opporsi.
Anche per questa incertezza si capisce come sia al momento viva la lotta per la conquista del partito, che di fatto è tornato nelle mani dello stesso Berlusconi. E che potrebbe rimanerci, se è vero che il Cavaliere sa che, con l’interdizione, il suo unico impegno politico potrebbe essere proprio quello di guidare il partito. Un’idea che si sta facendo strada anche fra gli Innovatori, se è vero che Alfano sta seriamente ragionando sull’ipotesi di dimettersi da ministro dell’Interno (restando vicepremier) per confermare la carica di segretario del Pdl che si trasforma in Forza Italia e che mantiene lo stesso Statuto: un presidente, Berlusconi appunto, un segretario e tre coordinatori. Se passasse lo schema, ci sarebbe una casella di gran peso al governo da riempire, e parecchie nel partito. Se sufficienti a placare la guerra nel Pdl, si vedrà.
Paola Di Caro


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