Il Cairo, l’esercito spara sugli islamisti: oltre 40 morti

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IL CAIRO — Almeno 44 persone sono morte e oltre duecento sono rimaste ferite ieri durante gli scontri nella capitale e in altre città egiziane, quando i Fratelli musulmani sono scesi in piazza per manifestare contro le Forze armate, che celebravano il quarantesimo anniversario dell’avvio della guerra del Kippur, il conflitto contro Israele del 1973. Sabato il portavoce della presidenza, Ahmed Meslemani, aveva ammonito che le autorità avrebbero agito con decisione per fermare chi scendeva in piazza contro l’esercito: «Rovinare la gioia degli egiziani in questa occasione è un crimine».
Ma gli attivisti islamici hanno ignorato l’avvertimento. Nel primo pomeriggio i sostenitori dell’ex presidente Mohammed Morsi hanno organizzato diversi cortei, tutti diretti verso piazza Tahrir, che però era presidiata dai sostenitori delle Forze armate, con bandiere e foto del comandante Abdel Fattah el Sissi, guida del colpo di Stato che ha rimosso il presidente Morsi il 3 luglio scorso. Intorno alla piazza la chiusura era rigida: erano stati sistemati sbarramenti di filo spinato e metal detector, accanto alle truppe e ai mezzi blindati. Quando i manifestanti hanno cercato di superare i blocchi, le forze dell’ordine sono intervenute per impedire loro di avvicinarsi alla piazza, sono risuonati spari e lanci di lacrimogeni. Solo al Cairo, i morti sono trenta, secondo il ministero della Sanità.
Il partito della Fratellanza, Giustizia e Libertà ha addossato ai dirigenti «golpisti» la responsabilità «diretta per i crimini, le violenze e gli omicidi commessi contro manifestanti pacifici » sollecitando «tutte le organizzazioni per i diritti dell’uomo a condannare questi atti». Le violenze di ieri sono le più gravi da quando le piazze delle protesta islamica sono state sgombrate con la forza a metà agosto, provocando un migliaio di morti fra i pro Morsi, ma anche fra le fila delle forze di sicurezza.
Scontri sono segnalati anche nel sud del paese: un sostenitore di Morsi è rimasto ucciso nella città di Dalga. Secondo il locale responsabile della sicurezza, Osama Metwali, gli scontri sono divampati quando la polizia ha sparato su un corteo di attivisti islamici, da cui erano partiti colpi sporadici. Le nuove violenze sono un pesante ostacolo sulla strada della normalizzazione, richiesta a gran voce alla comunità internazionale, e rendono di fatto inutili gli sforzi del governo per riavviare l’industria turistica, fondamentale per l’economia egiziana.


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