Fuori i sopravvissuti di Lampedusa Alfano contestato ai funerali

by Sergio Segio | 22 Ottobre 2013 7:14

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AGRIGENTO — La supplica è per il mare: «Ti prego portalo a mio fratello, ovunque sia». L’uomo eritreo arrivato in fondo al molo di San Leone lo dice con le lacrime agli occhi, dolcemente, mentre lascia cadere in acqua un crisantemo bianco. Per lui la cerimonia funebre è quel fiore che segue la corrente, è il pensiero per suo fratello seppellito in una tomba senza nome.
Nei suoi ricordi di questo pomeriggio funesto non ci sarà spazio per quel chiasso sentito a palco ormai vuoto, quando i ministri italiani e l’ambasciatore eritreo hanno lasciato il molo. Un gruppo di suoi connazionali, assieme ad attivisti di varie associazioni italiane, hanno scandito più volte «assassini-assassini» proprio mentre il vicepremier e ministro degli Interni Angelino Alfano spiegava davanti alle telecamere che «abbiamo assicurato assistenza ai sopravvissuti e una degna sepoltura ai morti», e che «adesso sarà caccia agli scafisti».
Portato via di corsa dalla scorta, Alfano è uscito di scena lasciando ai contestatori l’ambasciatore eritreo in Italia Zemede Tekle, preso di mira soprattutto da un gruppo di uomini e donne della comunità eritrea. Anche lui ha dovuto allontanarsi di corsa dalla tribuna riservata alle autorità, non prima di aver spiegato che «non è vero che il governo eritreo scheda i sopravvissuti per punire i parenti rimasti nel Paese» e che «quelli che fuggono lo fanno perché convinti, da trafficanti senza scrupoli, di andare sicuramente incontro a una vita migliore in Europa».
La presenza di Zemede Tekle è stato uno dei tanti nervi scoperti della giornata al molo San Leone. «Che senso ha invitare lui che rappresenta il governo dal quale questa gente tenta di scappare?» si è domandato padre Musse Zerai, presidente e fondatore dell’Agenzia umanitaria Habessia che nei giorni scorsi aveva scritto alla ministra per l’Integrazione Cécile Kyenge per segnalare la presenza del diplomatico e dei suoi funzionari a Lampedusa «allo scopo di schedare chi è rimasto vivo».
Ieri la ministra era seduta a pochi passi da lui. Se n’è andata, come gli altri, mentre i contestatori urlavano slogan contro la legge Bossi-Fini («Legge di assassini», «La Sicilia ce l’ha insegnato, clandestino non è reato»). Accanto a lei il ministro della Difesa Mario Mauro: «L’Italia è commossa». E a chi gli chiedeva perché organizzare la cerimonia ad Agrigento e non a Lampedusa ha risposto: «La domanda va fatta a chi ha la responsabilità diretta di quest’evento».
È stato un funerale della discordia. Con il sindaco di Lampedusa a prendere per prima le distanze («Non è giusto per i miei cittadini tenere la cerimonia altrove e dircelo a decisione già presa»), con il suo collega di Agrigento Marco Zambuto a definire tutto come «una passerella per i politici», con il presidente della Regione Rosario Crocetta a dire che «forse era meglio fare tutto a Lampedusa», con i migranti a chiedere «perché non avete invitato i sopravvissuti del naufragio? Questi sono i loro morti». E, alla fine, con i cori durissimi contro i politici. Quando la notizia della contestazione è arrivata a Roma il premier Enrico Letta (che ieri ha chiesto che al vertice Ue in programma giovedì e venerdì si eviti di «parlare di immigrazione in modo superficiale e generico») ha fatto sapere: «Mi informerò sulle polemiche e darò un giudizio dettagliato» .
All’uomo che ha affidato il suo crisantemo bianco al mare di tutto questo importa meno di niente. Lui aveva in mente soltanto quella preghiera: «Ti prego, porta questo fiore a mio fratello» .
Giusi Fasano

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