Frontex, “macchina da guerra contro i migranti costata oltre 500 milioni”
ROMA – “L’aumento di fondi a Frontex come riposta dell’Ue alla tragedia dell’immigrazione è esattamente il contrario di ciò che sarebbe necessario”. E’ la denuncia di Lunaria, che in una nota a firma di Grazia Naletto, analizza il bilancio del controllo europee negli ultimi anni. “Il lancio di una ‘grande operazione Frontex per il salvataggio di chi si trova in difficoltà’ e lo stanziamento delle risorse necessarie è la risposta dell’Europa alla strage di Lampedusa del 4 ottobre. La proposta è stata avanzata dal Commissario Cecilia Malmstrom alla riunione dei Ministri europei per gli Affari Interni che si è svolta ieri a Lussemburgo. La richiesta di un maggiore intervento dell’Europa ha attraversato come un ritornello le dichiarazioni di esponenti politici e rappresentanti di governo, di esperti interpellati nelle trasmissioni televisive e radiofoniche di grande ascolto, di editorialisti più o meno informati. Se la proposta discussa a Lussemburgo sarà l’unico segnale lanciato dall’Europa, il dibattito pubblico di questi giorni ha prodotto, se la scelta verrà confermata, esattamente il contrario di ciò che sarebbe necessario. Vediamo perché. “Il bilancio di Frontex ha conosciuto una crescita rapida e sorprendente: da circa 19,1 milioni di euro nel 2006 gli stanziamenti sono passati agli 84,9 milioni del bilancio preventivo 2012, toccando però nel 2011 i 118,1 milioni di euro. Complessivamente gli stanziamenti assegnati all’agenzia dal 2006 al 2012 hanno raggiunto un totale di ben 515,8 milioni di euro” .
Istituita nel 2006 Frontex è divenuta nel corso degli anni uno degli strumenti chiave su cui si fonda la politica europea di “gestione integrata” delle frontiere esterne, ha svolto e continua a svolgere un ruolo di primo piano nel controllo delle frontiere europee meridionali e ha realizzato molteplici operazioni congiunte che hanno coinvolto l’Italia.
In valori assoluti alle “attività operative” dell’agenzia sono stati destinati nei sette anni 358 milioni di euro, di cui 191,7 milioni per il controllo delle frontiere marittime, 35,4 milioni per il controllo delle frontiere terrestri e 13,9 milioni per il controllo di quelle aeroportuali. Sono invece pari a 39,4 milioni di euro gli stanziamenti per le operazioni di rimpatrio.
La distribuzione annuale degli stanziamenti destinati alle diverse tipologie di attività operative ha privilegiato le operazioni di controllo alle frontiere marittime: ma nel corso del tempo l’incidenza di questa voce di spesa tende a diminuire passando dal 67,5% del 2006 al 46,1% del 2012.
Speculare è l’andamento della quota di risorse destinata alle operazioni di rimpatrio: incidevano solo per il 2% nel 2006, incidono per il 18,8% nel preventivo 2012, a testimonianza dell’importanza crescente che l’Unione europea attribuisce al coordinamento e alla “gestione integrata” delle operazioni di rimpatrio forzato.
L’Italia ha partecipato a molteplici operazioni coordinate da Frontex, ci limitiamo a ricordare le più significative. Sin dal 2006 il nostro paese è stato coinvolto nei due studi di fattibilità MEDSEA e BERTOC finalizzati a verificare le condizioni della creazione di un sistema comune di controllo e sorveglianza delle frontiere marittime meridionali. Studi che hanno portato nel 2007 alla creazione dell’European Patrols Network, una rete di controllo e sorveglianza delle frontiere marittime dell’Europa meridionale che si avvale di Punti di contatto nazionali e di Centri regionali di coordinamento operativo.
Con POSEIDON nel 2006 e nel 2007 l’Italia ha partecipato con la Grecia a un’operazione congiunta finalizzata a sorvegliare i porti italiani e greci con riferimento ai flussi di immigrazione irregolare che attraversano il confine greco-turco.
Con NAUTILUS negli anni 2006-2008 un’operazione congiunta con Malta ha avuto l’obiettivo di fermare l’immigrazione illegale proveniente dalla Libia e diretta in Sicilia e a Malta.
Con HERMES nel 2007 un’operazione di pattugliamento marittimo è stata finalizzata a fermare gli arrivi illegali dall’Algeria diretti in Sardegna.
Le operazioni presso gli aeroporti AMAZON e AMAZON II nel 2006 e nel 2007 hanno perseguito l’obiettivo di fermare l’immigrazione illegale proveniente dall’America del Sud.
Sempre nel 2007 due operazioni denominate “Extended family” sono state finalizzate a combattere presso gli aeroporti l’immigrazione illegale proveniente dalla Nigeria.
Nel 2011 l’operazione di pattugliamento congiunto EPN HERMES ha avuto l’obiettivo di sorvegliare il Mediterraneo meridionale con riferimento ai flussi di migranti provenienti dalla Tunisia mentre EPN AENEAS ha operato nel Mar Ionio (sulle coste pugliesi e calabresi) per contrastare l’immigrazione illegale asiatica proveniente dalla Grecia.
Ma la collaborazione con Frontex è stata intensa anche per quanto riguarda l’esecuzione dei rimpatri forzati. L’agenzia interviene a cofinanziare le spese, in alcuni casi anche a organizzare direttamente il volo.
Se nel 2007 Frontex si è limitata a supportare l’organizzazione del rimpatrio forzato di 50 cittadini nigeriani realizzato dall’Italia e da Malta nell’ambito del progetto REPOLMED, a partire dal 2009 la collaborazione è stata più stringente. In questo anno l’Italia ha partecipato a 6 voli congiunti diretti in Nigeria, Equador e Colombia. Tre dei voli diretti in Nigeria sono stati organizzati su iniziativa italiana e hanno condotto al rimpatrio di 138 persone. 6 le operazioni di rimpatrio, in Nigeria, Equador e Ucraina, che hanno coinvolto l’Italia nel 2010, anche in questo caso l’Italia ha organizzato 3 voli diretti in Nigeria con i quali sono state rimpatriate 132 persone. Altri 3 voli congiunti diretti in Nigeria sono stati organizzati su iniziativa italiana nel 2011, 133 le persone rimpatriate. Non abbiamo invece trovato informazioni sul numero delle persone rimpatriate con i 5 voli congiunti organizzati dall’Italia sempre in Nigeria nel 2012.
In sintesi: le attività di sorveglianza e controllo delle frontiere esterne svolte da Frontex hanno come priorità quella di impedire l’arrivo dei migranti irregolari in Europa e sembrano lasciare in secondo piano le attività di pronto soccorso in mare.
Lo stesso Special Rapporteur delle Nazioni Unite sui diritti dei Migranti, Francois Crépeau, ha avuto occasione di dichiarare che Frontex è “un servizio di intelligence e informazione, i cui obiettivi di sicurezza sembrano lasciare in ombra le considerazioni relative ai diritti umani”.
In realtà Frontex è una vera e propria macchina da guerra contro i migranti ed è scandaloso che il suo rafforzamento venga riproposto oggi a seguito della strage di Lampedusa del 4 ottobre.
Come giustamente hanno osservato le organizzazioni che hanno promosso la campagna Frontexit, l’agenzia opera con modalità che non garantiscono affatto il rispetto dei diritti umani fondamentali e sulla base di un mandato che lascia assolutamente irrisolto il tema della titolarità delle responsabilità di eventuali violazioni dei diritti umani compiute nel corso delle operazioni da essa coordinate. Un ulteriore elemento di preoccupazione è costituito dalla mancanza di trasparenza sull’attività dell’agenzia, in particolare per quanto concerne la sua competenza a stipulare accordi con paesi terzi senza la previa autorizzazione del Parlamento europeo né della Commissione.
Tutti i ministri dell’Interno italiani che si sono succeduti nel corso degli ultimi anni hanno auspicato un rafforzamento dei poteri e dell’attività dell’agenzia, dagli ex ministri Maroni a Cancellieri all’attuale ministro Alfano.
Le pressioni dei governi nazionali per il potenziamento dell’impegno operativo di Frontex non sono disinteressate: moltiplicare le azioni autonome dell’agenzia e quelle congiunte significa anche avere un maggior sostegno comunitario nelle attività di controllo dei mari e delle frontiere e nell’esecuzione dei rimpatri che coinvolgono i singoli stati membri.
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