by Sergio Segio | 15 Ottobre 2013 15:03
“Qui abbiamo farfalle, api e pipistrelli e le zone umide sono salvaguardate; in autunno e in inverno ci sono numerosi ruscelli”. Con lo sguardo rivolto verso i boschi e i campi, Marc Chiron, progettista del più grande impianto fotovoltaico francese, assume toni poetici quando comincia a parlare della biodiversità intorno al parco solare a nord-est di Nancy[1].
I pannelli blu scintillanti tappezzano le bucoliche colline del dipartimento della Meurthe-et-Moselle “come onde del mare”, dice l’ingegnere. Non lontano dal comune di Rosières-en-Haye, sull’ex base aerea 136 della Nato, dei telai coperti di un milione e mezzo di pannelli solari si succedono per chilometri. Il gruppo francese Electricité de France (Edf) parla del parco della sua filiale responsabile delle nuove energie, “Edf En”, evocando un progetto di “di grande valore ambientale nel cuore della Lorena”. E anche i profitti dovrebbero essere ottimi, perché quello che l’impresa (di cui lo stato possiede l’85 per cento) vende come un impegno in favore di una “tecnologia del futuro” su 367 ettari non sarebbe così redditizio senza i generosi sussidi dello stato.
Questo parco solare da 115 megawatt permette al secondo produttore di elettricità del mondo, con le sue 58 centrali nucleari sul territorio francese, di diventare più verde. La Francia non è certo all’avanguardia in materia di energie rinnovabili. L’energia idraulica, solare ed eolica rappresentano complessivamente meno del 13 per cento della produzione di elettricità netta. “La volatilità delle tariffe di riacquisto, la lentezza delle procedure di consegna e l’instabilità del sostegno politico hanno annullato finora il vantaggio che la Francia poteva trarre dalla sua posizione geografica”, scrive[2] il politologo Stefan Aykut sulla “Società tedesca per la politica estera”. I giganti del nucleare, Edf e Areva, continuano a dominare il mercato.
Per colmare il suo ritardo in materia di produzione di elettricità verde, la Francia ha deciso nel 2007 un ambizioso progetto di sviluppo. Da allora il paese ha avviato la sua svolta energetica. L’obiettivo di François Hollande di riportare[3] al 50 per cento la quota di elettricità nucleare entro il 2025 spiega l’interesse di Edf nello sviluppo di energie verdi, ovviamente con l’aiuto dello stato.
Tra il 2007 e il 2011 nel solo settore del fotovoltaico i sussidi dello stato sono passati da 1,1 a 795 milioni di euro
La Germania non è l’unica a elargire sovvenzioni. Parigi incoraggia lo sviluppo dell’energia solare praticando delle tariffe di riacquisto dell’elettricità particolarmente attraenti – a vantaggio del settore ma a scapito degli utenti. Tre anni fa la Corte dei conti aveva indicato dei prezzi di riacquisto troppo elevati: tra il 2007 e il 2011 nel solo settore del fotovoltaico i sussidi dello stato sono passati da 1,1 a 795 milioni di euro. I controllori delle finanze hanno messo in evidenza il dispositivo di riacquisto obbligatorio dell’energia solare. E le imprese ne hanno fatto un grande uso, come se i sussidi fossero “liberamente utilizzabili”. Nel gennaio 2011 il governo ha deciso di cambiare sistema, decidendo una sospensione di tre mesi dei lavori e fissando nuove tariffe. Il risultato è che, come in Germania, il mercato dell’energia solare è crollato, decine di piccole e medie imprese sono scomparse e Bosch ha chiuso la sua fabbrica di pannelli a Lione.
A Toul però i gestori del parco solare hanno saputo anticipare l’introduzione del nuovo regolamento. Prima di arrivare alla definizione delle nuove tariffe di riacquisto, “Edf En” si era assicurata nel 2011 per 22 anni un prezzo di riacquisto di 31,4 centesimi il kilowattora – cioè quasi il doppio dell’attuale tariffa. La regione ha anche offerto un bonus del 18 per cento perché il parco solare era stato creato in Lorena, una regione peraltro poco amata dal sole. “Un vantaggio essenziale per assicurare il suo rendimento”, ha commentato[4] Le Figaro.
Duramente colpita dalla crisi, la regione ha visto in questo “progetto del secolo” un vero e proprio colpo di fortuna. Ma anche se l’industria locale ha approfittato del cantiere, la costruzione di una fabbrica di sensori fotovoltaici, frutto di una collaborazione fra “Edf En” e l’operatore americano First Solar, è rimasta allo stato di progetto. I pannelli sono per lo più “Made in Malaysia”. Incaricato con altri 20 dipendenti, di controllare il corretto funzionamento dei pannelli solari e dei trasformatori, il responsabile della manutenzione, Sebastian Martini, è contento di aver trovato un impiego stabile: “Ora ho un lavoro fino alla pensione”.
Traduzione di Andrea De Ritis
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