Emergenza casa a Torino: viaggio nella capitale italiana degli sfratti

by Sergio Segio | 21 Ottobre 2013 12:01

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TORINO – Quattromila nel solo 2012: così Torino è diventata la capitale italiana degli sfratti. Gli ultimi dati disponibili sono quelli diffusi nel giugno scorso dal ministero dell’Interno, che parlano di un cittadino sfrattato ogni 360 abitanti. Una situazione che, nella realtà dei fatti, potrebbe essere addirittura più cupa, “visto che le cifre raccolte dal Ministero risultano inferiori a quelle fornite dal Tribunale di Torino, che nel 2012 ne ha registrati circa 6mila nella sola area metropolitana”, come spiega Giovanni Baratta del Sicet, il sindacato inquilini della Cisl.

E che ora rischia di farsi esplosiva, mentre molti residenti delle case popolari si vedono recapitare le lettere di ingiunzione dell’Agenzia territoriale per la casa, che intima loro di saldare gli arretrati sul contributo al Fondo sociale regionale, pena l’apertura del procedimento di decadenza (che, in soldoni, equivale a uno sfratto eseguito in tempi molto brevi). Nei giorni scorsi ne sono partite 4.400, per importi che partono da un minimo di 480 euro e che in media si attestano sul 14% del reddito familiare lordo, conteggiato nell’anno precedente all’assegnazione dell’alloggio. “Il problema – spiega Pierluigi Dovis, direttore della Caritas di Torino – è che la legge regionale che ha introdotto questa forma di contribuzione risale al 2010, quando la crisi non aveva ancora raggiunto il suo picco. Molte di queste persone, nel frattempo, hanno perso il lavoro: il calcolo del reddito familiare, in questi casi, risulta falsato. Di fatto molti di loro non hanno alcuna possibilità di saldare gli arretrati”.

Il rischio, quindi, è che altre 4 mila famiglie si riversino in strada “nel periodo più freddo dell’anno, quello che va da gennaio a marzo” conclude Dovis. “Non credo ci sia da scherzare di fronte a un’eventualità del genere”. Per questo, appena qualche giorno fa, un folto gruppo di dimostranti ha letteralmente invaso l’atrio della sede Atc di corso Dante: chiedevano la proroga sulla riscossione degli arretrati, una moratoria sugli sfratti per morosità e la possibilità di ristrutturare e abitare gli alloggi non assegnabili (spesso perché fatiscenti). Tra loro, oltre agli inquilini raggiunti dalle ingiunzioni, c’erano famiglie in lista d’attesa per l’assegnazione degli alloggi o colpite da provvedimenti di sfratto: la situazione ha rischiato di degenerare quando il personale di sicurezza ha sbarrato l’ingresso alle scale che portano all’ufficio del presidente Elvio Rossi. Che ha comunque voluto incontrarli, promettendo di farsi portavoce delle loro difficoltà con la regione, i comuni e il governo. “Il problema – ha dichiarato Rossi – è che le regole sono stabilite dalla legge e l’Atc non può che farla rispettare. Abbiamo invitato gli abitanti a mettersi in regola proprio perché conosciamo la situazione che molti di loro vivono e non vogliamo che perdano il diritto a questo contributo”.

Qualche giorno prima era toccato alla sede dell’Ufficio comunale per la casa, presa d’assedio dai torinesi in lista d’attesa per le case popolari. Ad accendere la miccia, in questo caso, è stata la comunicazione del punteggio relativo all’ingresso in graduatoria: dopo i controlli della commissione regionale incaricata di verificare le autocertificazioni, 316 famiglie su 931 in totale (con altre 9 mila domande da controllare) si sono ritrovate con il punteggio ribassato, oltre ad altre 71 del tutto escluse. Centinaia di loro si sono quindi precipitati negli uffici di via Corte d’Appello, per chiedere una spiegazione che nelle lettere ricevute era del tutto assente: la congestione degli sportelli è andata avanti per giorni, con gli animi sempre più caldi; ed è culminata con il portone d’ingresso sprangato “in via preventiva”, per evitare disordini che parevano imminenti.

A dare il senso del baratro in cui la città pare sprofondare c’è il fatto che la stragrande maggioranza dei casi di sfratto (circa il 95% secondo il Sicet) sono riconducibili a situazioni di morosità incolpevole. Che, in sostanza, si verificano quando – in seguito alla perdita del lavoro o alla chiusura di un’attività – l’inquilino non può più permettersi di pagare l’affitto. Circostanze sempre più frequenti in tutto il paese, che stanno cambiando i connotati a una fetta enorme della classe media, ricollocando migliaia di artigiani, operai, impiegati e piccoli imprenditori sotto la dicitura di “nuovi poveri”. E che a Torino hanno spinto il vicesindaco Elide Tisi a creare un fondo “salva-sfratti” da un milione di euro, di imminente attivazione, che servirà a soccorrere le famiglie che non riescono più a far fronte all’affitto.

Nel frattempo – mentre anche l’arcivescovo Nosiglia ha rivolto un appello per la moratoria ad Atc, regione e comune – fioccano le proposte di legge: l’ultima è di Eleonora Artesio, consigliera regionale della Federazione della sinistra in Piemonte, che pochi giorni fa ha depositato a palazzo Lascaris la proposta di censire e acquisire tutti gli immobili rimasti inutilizzati per almeno tre anni o costruiti grazie a incentivi e agevolazioni pubbliche, per destinarli alle famiglie colpite dall’emergenza abitativa. “Negli ultimi anni – spiega Artesio – i programmi di edilizia pubblica non sono più stati ampliati e rifinanziati: è prevalsa l’idea che, in una situazione di relativo benessere , i cittadini potessero trovare delle soluzioni per conto proprio. Oggi siamo tornati a un quadro molto simile a quello degli anni ’60, quando tali programmi non erano indirizzati solo a situazioni di emarginazione o povertà marcata, ma verso una fetta molto più ampia della popolazione. La nostra proposta si rivolge agli appartenenti del ceto medio; i quali, pur non rientrando nei requisiti per l’assegnazione degli case popolari, vengono colpiti sempre più duramente dall’emergenza casa”. (Antonio M. Storto)

Su RS, l’agenzia giornalistica di Redattore Sociale[1], le storie degli sfrattati, il nuovo identikit di chi richiede aiuto ai dormitori e un’intervista al direttore della Caritas di Torino, che spiega come ci si possa ritrovare in strada senza accorgersene e punta il dito sulla comunicazione dei politici.

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