Email, sms, conversazioni: intercettata anche l’Italia Il Copasir vuole chiarezza

by Sergio Segio | 22 Ottobre 2013 7:03

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La conferma è arrivata circa tre settimane fa, quando una delegazione di parlamentari del comitato di controllo sui servizi segreti è stata in missione negli Usa. In quei giorni, durante gli incontri con i direttore delle agenzie di intelligence e i presidenti delle commissioni del Congresso, si è avuta la certezza di un monitoraggio ad ampio spettro. E adesso il vertice del Copasir chiede chiarimenti al governo. L’occasione è già fissata per domani pomeriggio quando a Palazzo San Macuto arriverà il sottosegretario delegato Marco Minniti.
Le informazioni acquisite dal Comitato si riferiscono al funzionamento del sistema di sorveglianza Prism, ma più in generale attengono ad un vero e proprio monitoraggio cominciato da anni e tuttora attivo. Una raccolta di dati sensibili che a questo punto anche i nostri Servizi segreti non possono più negare, sia pur ribadendo come si sia di fronte ad acquisizioni che «hanno come unico obiettivo l’attività dell’antiterrorismo». Tanto che una fonte dell’intelligence ribadisce: «Non abbiamo mai avuto alcuna evidenza che questo tipo di controllo abbia potuto riguardare lo spionaggio politico nei confronti di autorità o personalità italiane. Tutte le nostre verifiche su una simile eventualità hanno dato esito negativo».
È una posizione che lascia perplessi i parlamentari del Copasir. Lo dice senza mezzi termini Claudio Fava, di Sel, inserito nella «missione» statunitense, quando ricorda le parole del vicedirettore del Nsa sulla necessità di avere «un quadro completo delle comunicazioni da e per gli Stati Uniti». E aggiunge: «È un sistema di raccolta a strascico in base ad alcuni sensori. I vertici dei Servizi Usa ci hanno spiegato che il loro scrupolo principale è stato quello di rispettare le leggi americane sulla privacy e intervenire a tutela della sicurezza del Paese. Che tutto questo confligga con le leggi nazionali di Paesi alleati è un punto di vista che loro non hanno, ma che noi dovremmo avere».
Nei mesi scorsi si era parlato anche di spionaggio dell’ambasciata italiana a Washington e, sia pur in via ancora informale, gli 007 italiani smentiscono che questo sia mai avvenuto. Ma non basta, perché — come puntualizza il componente del Pd del Copasir, Felice Casson — «le risposte che abbiamo avuto dai vertici delle nostre strutture non sono affatto tranquillizzanti e l’audizione del sottosegretario Minniti dovrà servire proprio a pretendere maggiore chiarezza sulla posizione del nostro governo. Appare evidente che gli Stati Uniti abbiano acquisito informazioni su persone e autorità in tutta Europa. Quali elementi concreti esistono per escludere che questo non sia accaduto anche nei confronti dei politici e delle autorità del nostro Paese?».
Dalla direzione del Partito democratico è Ettore Rosato a chiedere chiarimenti al governo, «visto che nei mesi scorsi, quando arrivarono le prime rivelazioni sul “Datagate” sia il presidente Enrico Letta, sia il ministro degli Esteri Emma Bonino, mostrarono stupore per quanto era trapelato». La sensazione è che in realtà, sopratutto negli anni di massima collaborazione tra 007 italiani e statunitensi in materia di terrorismo, con la ricerca comune degli ostaggi occidentali nelle zone di guerra come l’Iraq e l’Afghanistan, e la condivisione delle comunicazioni attraverso il sistema di intercettazione Sigint, l’Italia sia stata informata di questa raccolta di dati. E poi sia stato dato per scontato il proseguimento di questa attività, senza sollevare questioni particolari sulla natura dei dati acquisiti.
Una prassi che, dopo quanto sta accadendo in Francia, appare difficile da sostenere ulteriormente. Infatti, sarebbero già stati presi contatti informali tra le varie agenzie spionistiche proprio per verificare l’esistenza di casi particolarmente sensibili e quindi su possibili ulteriori ripercussioni della vicenda in tutta Europa.
Fiorenza Sarzanini

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