Due milioni ogni anno La bomba demografica che preme sull’Europa

by Sergio Segio | 5 Ottobre 2013 7:14

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Squassato dal sussulto di una transumanza della disperazione, che vede milioni di dannati della Terra tentare di ingannare il loro destino e accettare la tragica scommessa di una fuga senza promesse, mettendo le loro vite nelle mani dei mercanti d’anime, in cerca di un barlume di futuro.
Una massa oscillante tra 1,5 e 2 milioni di persone, secondo la stima di uno studio condotto nel 2011 dal CNEL, migreranno ogni anno da qui al 2050 dall’Africa all’Europa. Ma nel lungo periodo non è necessariamente una prospettiva che deve metterci in allarme: nei prossimi 37 anni l’asimmetria demografica tra i due continenti vedrà infatti la popolazione lavorativa europea diminuire di oltre 100 milioni, mentre quella di Nord Africa e Africa sub-sahariana aumenterà di oltre 700 milioni.
Il punto è che dinamiche così potenti e bibliche andrebbero governate all’unico livello possibile in grado di fare la differenza, quello comunitario. E’ la dimensione europea a essere mancata in questi ultimi anni, segnati dall’incapacità dell’Unione di produrre una visione strategica d’insieme, ossessionata com’è dall’emergenza, dalla sicurezza e dai clandestini: «Le migrazioni internazionali, pur necessarie e convenienti – concludeva la ricerca – non sono in grado di risolvere problemi e miserie della regione euro-africana. Ma nel breve-medio periodo bisognerà trovare strumenti specifici di governo. A livello comunitario e nazionale si dovrà pensare a migrazioni temporanee e rotatorie per superare l’asimmetria tra l’Europa, cui servono milioni di immigrati e l’Africa, cui servono milioni di emigrati».
Non c’è traccia di tutto ciò. E l’Italia si trova sguarnita, a corto di mezzi e di strategia sulla prima linea di un’immensa frontiera liquida, dove sono in gioco la dignità e la futura stabilità economica sua e dell’intera Europa. «Il mare – lo ha scritto Cristoforo Colombo – darà a tutti nuove speranze, come il sonno porta i sogni». Oggi però il Mediterraneo sembra offrire soltanto tragedie mortifere.
Quali sono i punti critici del continente africano, quelli dove la paura e l’impossibilità di sopravvivere alle guerre, alla fame e alla desertificazione, stanno trasformando milioni di persone in futuri profughi della disperazione?
La pressione maggiore viene oggi dal Corno d’Africa. I morti di Lampedusa provenivano in gran parte dalla Somalia e dall’Eritrea. Nei primi nove mesi di quest’anno, dati della Pubblica Sicurezza, 3 mila somali e 8 mila eritrei sono sbarcati sulle nostre coste. La Somalia, passata in 7 anni dai «signori della guerra» alle corti islamiche, dall’intervento etiope alla guerriglia dei fondamentalisti di al Shabaab, conta oggi più di 1 milione di sfollati interni. In Eritrea, a povertà e carestie si aggiunge un regime del terrore ventennale, sotto il tallone di ferro del presidente Afewerky, che governa il Paese con l’esercito e un servizio militare obbligatorio che non finisce mai. Poco da stupirsi che sia il Paese con il più alto tasso di emigrazione clandestina al mondo.
La fascia sub-sahariana del Sahel (Nigeria, Ghana, Burkina-Faso, Senegal, Mali e Niger ) è un’altra area di rischio. Dalla Nigeria, nazione africana più popolosa con 160 milioni di abitanti, ricca di petrolio ma politicamente instabile, lacerata dalla guerriglia e spolpata dalla corruzione, quest’anno sono sbarcate in Italia 2 mila persone. Ma il potenziale di un’eventuale diaspora nigeriana, magari alimentata dalle crescenti persecuzioni anti-cristiane, è enorme, viste le dimensioni del Paese. Si calcola che almeno 50 mila clandestini vivano già nella nostra Penisola, accanto ai 70 mila nigeriani muniti di regolare permesso.
La tragedia di Lampedusa ha suonato anche il campanello d’allarme del Ghana, da cui provenivano alcune delle vittime. Paese relativamente stabile ma dove la morsa della povertà e la violenza sono un forte incentivo a partire. I 60 mila ghanesi ufficiali e i probabili 30 mila clandestini presenti in Italia fanno del nostro Paese un forte magnete. Anche il Senegal, in preda a gravi tensioni separatiste, appare gravido di un forte potenziale migratorio. In Italia i senegalesi con permesso di soggiorno sono 100 mila, cui vanno aggiunti decine di migliaia di clandestini.
Risalendo la fascia sahariana, l’Egitto della democrazia sospesa, di nuovo in mano ai militari e con la minaccia di una Fratellanza Musulmana nuovamente clandestina, rappresenta un altro rischio. 2300 egiziani sono sbarcati in Italia tra gennaio e settembre, ma potrebbero diventare migliaia se tornassero i torbidi e l’economia continuasse la sua caduta libera. Mentre appare al momento calmo il fronte dell’emigrazione in Libia, da cui al tempo della guerra civile abbiamo accolto 26 mila profughi.
Considerando relativamente stabili al momento, quanto a emergenza emigranti, Tunisia, Algeria e Marocco, sempre pronti comunque a diventare terreno fertile per un transfer sul Canale di Sicilia di migliaia di persone in cerca d’avvenire, le maggiori preoccupazioni vengono da oltre Suez, appena fuori dalla massa continentale africana. 8 mila profughi siriani sono sbarcati nel 2013 in Italia, dove vivono ufficialmente oltre 5 mila loro connazionali e probabilmente altrettanti clandestini.
La crisi della Siria ha provocato centinaia di migliaia di morti e diversi milioni di rifugiati. E se la partita diplomatica appena apertasi all’Onu sulle armi chimiche non dovesse produrre i risultati sperati, prepariamoci ad altri arrivi. Fin quando l’Europa non capirà che dare una mano alla sua prima frontiera è una questione esistenziale, l’Italia rimarrà esposta all’urto di masse disperate, cui la ragione e il cuore ci impongono comunque di aprire le braccia.

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