by Sergio Segio | 12 Ottobre 2013 7:16
BRUXELLES – Opac non è il nome di un medico, o di un grande ricercatore. Però ha salvato lo stesso, o salverà, molte vite umane. E per questo l’Organizzazione internazionale per la proibizione delle armi chimiche, appunto l’Opac con sede a L’Aja in Olanda, ha conquistato ieri il premio Nobel per la Pace. Superando molti altri candidati di rilievo, prima fra tutti la sedicenne pakistana Malala Yousafzai che ha osato sfidare i talebani.
La buona notizia è arrivata a destinazione con un’oretta di ritardo, via Twitter. Da Oslo, non si era riusciti a contattare i dirigenti dell’Opac attraverso le normali comunicazioni telefoniche, così è stato inviato un tweet dal sito Nobelprize.org: «Opac per favore contattaci, stiamo cercando di chiamarti».
Un anno fa il premio era toccato all’Unione Europea, ora tocca agli uomini e alle donne che stanno cercando di bonificare gli arsenali della Siria, e perciò di aprire — si spera — una strada verso la pace. Una decisione del tutto inattesa, quella del Comitato di Oslo, e per certi versi clamorosa. Ma che, come ha notato il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, nasce dal «rifiuto della guerra» proprio come tante decisioni adottate dalle Nazioni Unite.
Poche ore dopo la cerimonia, 27 di questi esperti armati di tute anti-tossiche e altre attrezzature speciali sono volati a Damasco per continuare il lavoro già avviato. Dovranno smantellare entro il prossimo anno l’arsenale chimico di Bashar Al-Assad, circa mille tonnellate di gas e tossine di ogni genere, nel quadro di una guerra civile che ha già fatto milioni di profughi e non si sa quanti morti. Il governo di Assad, che l’abbia fatto sinceramente o meno, ha accolto bene questi insoliti ospiti, e non ha contestato alcuno dei nomi proposti, poiché tutto è stato politicamente concordato da tempo. L’opposizione in armi no, ha parlato di un gesto prematuro e affrettato, temendo che il premier siriano stia ancora una volta giocando con l’Occidente. E uno dei suoi leader ha fatto sapere che, proprio ieri, gli aerei di Damasco hanno bombardato obiettivi della resistenza vicino a una fabbrica di armi chimiche: «La missione dell’Opac è a rischio — questo l’avvertimento esplicito — fino a quando continueranno scontri e bombardamenti».
Ma lontano da Damasco, il mondo intero si è ugualmente congratulato con i vincitori del Nobel. «La commissione di Oslo ha giustamente riconosciuto il loro coraggio — ha detto il segretario di Stato americano John Kerry, da Kabul in Afghanistan dove si è recato per una visita «senza preavviso» — come ha riconosciuto la loro volontà di portare a termine questa missione vitale nel pieno della guerra in Siria».
Non c’è alcun posto al mondo per «armi brutali» come quelle chimiche, ha detto invece il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz. E ancora: «L’anno prossimo cadrà il centesimo anniversario dello scoppio della Prima guerra mondiale, nella quale gli europei patirono l’inimmaginabile distruzione che le armi chimiche possono causare. E oggi, in Siria, l’Onu e l’Opac stanno adempiendo a un compito cruciale per distruggerle ed eliminarle. Tutte le nazioni dovrebbero aderire alla Convenzione contro le armi chimiche per rendere il mondo più sicuro».
Luigi Offeddu
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