Dimissionari in rivolta. Caccia ai voti

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ROMA — Il premier Enrico Letta interverrà in Senato alle 9.30 per ottenere quel chiarimento concordato con il Capo dello Stato Giorgio Napolitano e resosi necessario dopo lo strappo del Pdl con le dimissioni dei cinque ministri, dimissioni che il presidente del Consiglio ieri sera ha deciso di respingere. Pertanto Alfano, De Girolamo, Lorenzi, Lupi e Quagliariello saranno seduti sui banchi del governo. La scelta di recarsi a Palazzo Madama, dove i numeri sono ballerini, lascia intendere che Letta abbia la ragionevole certezza di potere ottenere la fiducia che, ricorda il ministro Dario Franceschini, è stata posta «senza aprire alcuna trattativa con Silvio Berlusconi». Lo scrutinio, in forma palese, dovrebbe avvenire attorno a mezzogiorno. E, stando alle voci che circolavano in tarda serata, il premier potrebbe contare sull’apporto di un gruppo di dissidenti del Pdl, seguaci di Angelino Alfano, che hanno deciso di fare proseguire l’esperienza del governo di larghe intese nonostante la contrarietà di una componente del partito che li reputa traditori e dello stesso Berlusconi che ha deciso di non dare la fiducia a Letta. Nel pomeriggio il chiarimento si sposterà a Montecitorio, ramo del Parlamento dove il premier non corre alcun rischio poiché Pd e Scelta civica (l’altro partner della coalizione) hanno la maggioranza assoluta dei seggi.
Il dibattito parlamentare sulle sorti del governo avviene all’indomani di segnali incoraggianti giunti dai mercati finanziari, con la Borsa italiana schizzata in alto di oltre tre punti percentuali sulla scia di una possibile ricomposizione all’insegna della stabilità e con lo spread in calo a 260. Gli stessi titoli della galassia Mediaset hanno fatto registrare incrementi significativi.
A tarda sera la situazione era estremamente incerta e nella notte il fronte dei falchi del Pdl le ha tentate tutte per riassorbire i dissidenti. L’esecutivo punta comunque a superare questo passaggio parlamentare, il primo vero ostacolo finora incontrato. Quello di oggi, secondo gli auspici del presidente Napolitano, dovrebbe portare «una chiarificazione piena delle rispettive posizioni politiche» in grado di produrre come «sbocco un impegno non precario di sviluppo dell’azione di governo dalle prime scadenze più vicine agli obiettivi da perseguire nel 2014».
Eppure di prima mattina la giornata aveva preso una piega tutta particolare. Alle 8.30 nei locali della barberia di Montecitorio c’è stata una conversazione telefonica piuttosto concitata tra un senatore dell’inner circle berlusconiano e lo stesso Cavaliere. «Tu che hai il pallottoliere mi spieghi perché in Senato stiamo franando?». Domanda alla quale l’interlocutore ha tentato di dare una risposta. E in effetti le voci che la pattuglia pronta a sostenere Letta fosse consistente erano cominciate a circolare assieme ai possibili nomi del gruppo che si sarebbe staccato dal Pdl: Popolari per il Pdl e Nuova Italia. Di lì a poco, Carlo Giovanardi era uscito allo scoperto annunciando che «a Palazzo Madama siamo pronti a votare la fiducia in quaranta». Un’operazione, questa, che avrebbe visto tra i protagonisti Paolo Naccarato, un passato al fianco di Francesco Cossiga, un presente da senatore eletto con Grandi autonomie e libertà (Gal). «La Gladio del movimento giovanile dc si muove. Ognuno sa cosa fare. Siamo in una settantina e ci basta un colpo d’occhio per comprenderci», dice con l’aria di chi la sa lunga. Fatto sta che Angelino Alfano dopo un incontro assai teso con Berlusconi sostiene convinto che «tutto il partito debba votare la fiducia a Letta. Non ci sono gruppi e gruppetti». Oggi capiremo se sarà davvero così.
Lorenzo Fuccaro


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