by Sergio Segio | 27 Ottobre 2013 8:13
NON le hanno fermate. E, per chi le segue da anni, c’erano pochi dubbi che ci riuscissero: decine di saudite sono scese in strada al volante delle loro auto ieri, nonostante le autorità avessero minacciato l’arresto immediato per chiunque fosse stata sorpresa a guidare. Le attiviste della campagna October26driving — che prende il nome dal giorno scelto per la manifestazione contro il divieto di guida per le donne — ieri sostenevano di aver ricevuto 13 video e 50 fotografie di signore e ragazze al volante: impossibile verificare che tutte si fossero messe alla guida proprio ieri, ma il segnale contro le autorità che nei giorni scorsi avevano minacciato di arresto le donne è arrivato forte e chiaro. Non ci fermiamo, appunto, nonostante i 13 fermi (ma nessun arresto) annunciati dalla polizia.
La sfida di ieri è il maggior successo ottenuto finora dalle saudite che si battono contro il divieto — unico al mondo — di portare le auto. La prima manifestazione per abbatterlo ci fu nel ‘90: allora tutte e 47 quelle che salirono in auto furono arrestate e denunciate pubblicamente come prostitute. Nel 2011 le loro figlie ripresero la fiaccola: ma Manal al Sharif, l’organizzatrice della campagna di allora, venne arrestata e detenuta per 9 giorni, con il risultato di spaventare moltissime donne. Questa volta è andata meglio: il movimento si è organizzato in forma anonima, ha scelto una giornata-simbolo, quella di ieri appunto, ma le sue sostenitrici sono scese in strada già da giorni, inondando la rete di video e sorprendendo la polizia. Giovedì, quando il portavoce del ministero dell’Interno, il generale Mansur al Turki — solitamente impegnato con il terrorismo — ha annunciato che non ci sarebbe stata tolleranza per le donne al volante, hanno reagito: la protesta di ieri è stata ufficialmente sospesa e la campagna dichiarata aperta senza scadenza. «Appuntamento al 31 novembre», ha tweetato al Sharif, una data che non esiste per dire che ogni giorno sarebbe stato buono per guidare: ieri compreso, naturalmente.
Così, mentre la polizia sorvegliava le attiviste più note – una di loro ha regalato agli agenti che la seguivano un’auto giocattolo – a mettersi al volante sono state molte altre. «Ci avevano chiamato dal ministero dell’Interno — dice Waleed abu Alkhair, uno dei più noti dissidenti sauditi — hanno avvertito mia moglie, che guida regolarmente, che l’avrebbero arrestata. Lei è rimasta qui, le sue amiche no». 13 i fermi a fine giornata, guidatrici fra i 22 e i 44 anni a cui sono state sequestrate le auto prima di essere consegnate ai familiari (maschi).
Per spiegare il clima di tensione di questi giorni, c’è da sottolineare che la campagna è arrivata in un momento particolarmente delicato: l’Arabia Saudita non è stata investita da movimenti di protesta simili a quelli che hanno sconvolto altri paesi della regione negli ultimi due anni. Ma le manifestazioni contro gli Al Saud non sono mancate, soprattutto da parte dei familiari dei detenuti politici e dei rappresentanti della minoranza sciita. Per questo oggi ogni espressione di dissenso è vista come una crepa nel muro della monarchia: ieri decine di saudite ne hanno aperta una senza precedenti.
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