Cinquecento migranti salvati dal mare

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LAMPEDUSA — I morti non fermano gli sbarchi. Mentre cresce ogni giorno di più la lista delle vite umane perdute nei naufragi del 3 ottobre e di venerdì scorso, si moltiplicano gli arrivi di nuove carrette del mare. Ieri altre tre in difficoltà nel Mediterraneo: un gommone sul quale si agitavano un centinaio di migranti è stato intercettato da un pattugliatore maltese e accompagnato a Malta, un barcone con a bordo altri 160 disperati è stato scortato fino a Pozzallo dalla Marina militare e una terza barca, soccorsa al largo della Calabria è stata accompagnata a Reggio Calabria. In questo caso a bordo c’erano 250 persone. In tutto sulle tre barche c’erano 110 donne e 54 bambini.
Ma ieri è stato anche il giorno delle lacrime a Porto Empedocle dove la Cassiopea è approdata per scaricare le prime 150 bare del naufragio del 3 ottobre. Un lungo applauso e il pianto di chi stava sul molo ha salutato i bambini nelle bare bianche e la fila infinita di tutte le altre. Qualche fiore, un orsacchiotto e il segno della croce prima di portarle vie dal porto verso il cimitero di Agrigento (dove ne seppelliranno 120) e negli altri camposanti più piccoli della provincia (dove andranno le altre 30).
La contabilità dei morti di queste ultime due settimane è arrivata a 365 cadaveri del primo naufragio (quello del 3 ottobre) e 36 del secondo, venerdì scorso. Ma per quest’ultimo le cifre sono tutt’altro che definitive. Stime più attendibili, fatte con gli incroci delle testimonianze dei sopravvissuti, dicono che mancano all’appello altri 150 migranti. Che, se il dato fosse confermato, sarebbero altri 150 morti.
Sulla scena delle stragi in mare ieri si è fatta sentire anche Malta, che lamenta: «Noi e l’Italia siamo stati lasciati soli a gestire questo enorme problema: a Bruxelles i soldi contano più delle vite umane». Il primo ministro Joseph Muscat è volato in Libia per incontrare il premier Ali Zeidan: un attestato di solidarietà nei confronti di Zeidan, vittima nei giorni scorsi di un sequestro-lampo, ma soprattutto l’occasione, appunto, per discutere delle rotte della speranza. Il barcone dei 365 morti era partito il giorno prima dalla città libica di Zuwara.
Dei naufraghi e della loro disperazione ha parlato ieri sera nella sua ultima omelia don Stefano Nastasi che lascia, dopo sei anni a Lampedusa: «In questi giorni c’è stata tanta tristezza — ha detto — ma quando ho visto i sorrisi dei bambini che giocavano, mi è tornata la speranza. Non è vero che tutto è perduto».


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