Cambiare la Bossi-Fini la prudenza di Alfano
ROMA — È una partita su due tavoli quella che dovrà giocare il ministro dell’Interno Angelino Alfano in materia di immigrazione. Perché non sarà facile convincere l’Unione europea a modificare il regolamento di Dublino come intende fare già domani durante il vertice in Lussemburgo. Ma ancor più difficile risulterà raggiungere un accordo per cambiare la legge Bossi-Fini come continua a chiedere il centrosinistra e come ha promesso di fare il presidente del Consiglio Enrico Letta. L’unica vera modifica utile sarebbe l’abolizione dell’articolo 11 che ha introdotto il reato di immigrazione clandestina, ma su questo il Pdl difficilmente potrà cedere e anche la Lega certamente farà muro.
Per alleggerire la pressione migratoria sul nostro Paese bisogna rivedere i trattati internazionali. Quel patto che impone al primo Paese ospitante di occuparsi di chi richiede asilo, mette di fatto l’Italia nelle condizioni di assistere tutti coloro che scappano dalle aree di guerra. E dunque di farsi carico delle decine di migliaia di persone in fuga dal Nord Africa, ma anche dal Corno e dall’area subsahariana, oltre ai siriani che si stanno ammassando in Libia e potrebbero decidere di intraprendere la strada verso l’Europa. Una rotta che continua a passare per Lampedusa e per gli altri approdi di Sicilia e Calabria.
Su questo insisterà Alfano domani, consapevole che una vittoria in campo internazionale gli consentirà di affrontare in maniera diversa la questione che si è aperta nel governo. La sua richiesta sarà difficilmente accolta, nonostante le buone intenzioni mostrate da Francia e Spagna. Ma tenere alta l’attenzione sull’Europa servirà a mostrare una posizione unitaria che invece sarà quasi impossibile raggiungere in Italia.
Mentre il premier si mostra possibilista, il ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge ha già preso pubblicamente l’impegno di rivedere la normativa annunciando la creazione di un «tavolo di lavoro» e il segretario del Pd Guglielmo Epifani spinge per avviare il dibattito. In realtà basterebbe far ripartire l’iter di quei disegni di legge depositati in Parlamento per arrivare proprio all’abolizione della norma che punisce l’immigrazione clandestina e in queste ore ha causato la messa sotto accusa dei superstiti della tragedia avvenuta giovedì notte.
Alfano ha detto chiaramente che lui non ritiene sia questa la soluzione per fermare gli sbarchi e soprattutto per garantire l’accoglienza alle migliaia di profughi arrivate e alle altre migliaia che continueranno a raggiungere il nostro Paese nelle prossime settimane. «La questione dei migranti è molto complicata, mentre ancora raccogliamo i morti eviterei polemiche politiche che non hanno nulla a che fare con la soluzione del problema», aveva affermato a Lampedusa subito dopo il naufragio del barcone con oltre 500 persone. Lo ha ripetuto ieri ai suoi collaboratori, specificando che la sua linea non cambierà. E così cerca di rallentare l’avvio di un percorso che rischia di creare divisioni forti all’interno del governo.
Il titolare del Viminale sa bene che la sua parte politica non potrà mai seguirlo su questa strada e lui non appare propenso a creare nuovi strappi dopo le divisioni che sono già emerse e con le quali sta facendo i conti. Ma non vuole neanche inimicarsi il Carroccio e dunque cerca di prendere tempo, spostando l’attenzione sul piano internazionale. Mercoledì mattina sarà a Lampedusa con il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso. Poi insisterà con gli altri Paesi membri per ottenere cooperazione. Durante la riunione in Lussemburgo si parlerà dell’avvio immediato del sistema di identificazione e intercettazione delle imbarcazioni che attraversano il Mediterraneo. Una misura necessaria, certamente non sufficiente a risolvere una emergenza sempre più drammatica e che potrebbe assumere dimensioni non sostenibili.
Fiorenza Sarzanini
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