British Airways frena il decollo Alitalia “Da Poste aiuto di Stato, la Ue dica no”

by Sergio Segio | 15 Ottobre 2013 5:41

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ROMA — Un’entrata a gamba tesa di Iag (British Airways più Iberia) rischia di complicare il rebus di Alitalia. La compagnia inglese, nel giorno di un nuovo cda e dell’assemblea dei soci chiamati a dare luce verde all’aumento di capitale da 300 milioni (più 200 di linee di credito aperte dalle banche) fa la voce grossa e chiama in causa Bruxelles. Nel mirino della compagnia di Sua Maestà, la volontà espressa da Poste Italiane (azienda al 100% in mano al Tesoro ma al di fuori del perimetro della Pa) di entrare tra gli azionisti di Alitalia con un contributo di 75 milioni di euro.
Ma ieri il tema sul tavolo degli azionisti di Alitalia era il nuovo piano industriale; il ruolo di Air France-Klm e la nuova governance con Roberto Colaninno prossimo all’uscita. I francesi chiedono discontinuità nella gestione che di fatto però hanno garantito nel corso di 10 anni complessivi vista
la loro presenza nel cda di Alitalia tra il 2002 e il 2007 e dal 2009 a oggi. I tagli al personale (2-3000 dipendenti), e quelli alle rotte di lungo e medio raggio sono stringenti e restano motivo di scontro.
La discussione tra gli azionisti si è poi allungata nella notte anche sul tema del valore effettivo dell’azienda guidata da Gabriele Del Torchio: secondo Credit Suisse si muove in una forbice compresa tra “zero” e 150 milioni e si attesta probabilmente, intorno ai 100 milioni, contro una valutazione iniziale, nel 2009, di 1,1 miliardi. Un crollo verticale che ha messo all’angolo soprattutto i piccoli soci. Da qui lo “scontro” che si è protratto senza esiti fino alle ore piccole.
Ma il primo affondo di giornata è partito dalla Gran Bretagna. «Siamo sempre stati contrari agli aiuti di Stato» è stato il commento di Iag su Alitalia, «si tratta di misure protezionistiche che minano la concorrenza e favoriscono le compagnie aeree in fallimento che non sono al passo con la realtà economica». Per i vertici del vettore anglo-spagnolo, dunque, il sostegno di Poste si configura come in contrasto con le norme Ue: «Ecco perché auspichiamo e ci attendiamo un intervento della Commissione Europea affinché sospenda questo aiuto di stato manifestamente illegale ».
Immediata anche la replica dell’Unione europea, che prima di valutare la questione attende la «notifica delle misure adottate. «Solo allora — ha spiegato Antoine Colombani, portavoce del commissario Ue alla Concorrenza Joacquin Almunia — saremo in grado di valutare la loro compatibilità
con le norme Ue sugli aiuti di Stato».
Già nel corso del pomeriggio Aeroflot e Lufhansa, avevano risposto negativamente alle domande su una loro presunta disponibilità ad entrare in gioco nel caso di una rottura tra Italia e Francia. E come se tutto ciò non fosse sufficiente, in mattinata si erano scatenate polemiche internazionali contro la possibile ristatalizzazione di Alitalia – da parte del Financial Times: «Il protezionismo è tornato di moda in Italia », l’accusa del giornale: il governo Letta «sta ripetendo lo stesso errore di cinque anni fa quando Berlusconi chiamò a raccolta un drappello di patrioti,
senza nessuna esperienza di aviazione per bloccare Air France- Klm». Ma l’esecutivo ha alzato un muro a difesa delle proprie scelte strategiche e replicato, spiegando che «non è affatto protezionismo, ma l’esatto contrario ». Si tratta di «accompagnare al meglio Alitalia verso l’integrazione con un partner straniero». La stessa posizione tenuta dal ministro dei Trasporti Maurizio Lupi: «Non siamo in presenza di aiuti di Stato né li volevamo». E il vice ministro all’Economia Stefano Fassina ha spiegato che l’ingresso di Poste «durerà alcuni mesi» ed è propedeutico alla cessione ad un partner internazionale.

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