Assad: “Pronto a ricandidarmi niente basi per trattare la pace”

by Sergio Segio | 22 Ottobre 2013 7:01

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IL PRESIDENTE siriano Bashar al Assad, intervistato da una tv libanese, alla domanda su una sua eventuale candidatura alle elezioni presidenziali in Siria nel 2014, risponde: «Non vedo perché no». Ed esplode un caso internazionale. Il segretario di Stato americano Kerry s’indigna: «Se dovesse davvero accadere, è pressoché certo che la guerra in Siria continuerà, finché lui è al potere». Kerry insiste: «Non conosco una singola persona convinta che l’opposizione acconsenta a una partecipazione di Bashar al Assad al governo».
In realtà c’è poco di sorprendente nelle parole del raìs. Assad ha sempre contato di governare fino al prossimo turno elettorale, contro ogni pronostico. Con l’interlocutore libanese, il raìs ragiona: «Tutto dipende da due fattori: il primo è il mio desiderio personale, il secondo è la volontà del popolo siriano». Da qui, stando ad Assad, discende l’evidenza: «Riguardo alla mia scelta personale, non vedo perché non mi presenterei alle prossime votazioni ». Quanto alla volontà popolare, si affiderebbe alle urne.
Ma quali urne? in un nuovo sistema politico democratico? Assad è salito al potere dopo la morte del padre, Hafez, nel 2000, plebiscitato da un referendum nel quale era l’unico a presentarsi. Nel 2007 è stato di nuovo confermato, ancora senza concorrenti.
Proprio la permanenza di Assad al potere è uno dei maggiori ostacoli a un accordo con l’opposizione in vista della conferenza di pace fissata a Ginevra il 23 novembre. Il primo round dei colloqui fallì per l’opposizione dell’America e del Consiglio nazionale siriano a una trattativa
con il regime finché il presidente fosse rimasto in carica. La Russia, dal canto suo, insisteva affinché la scelta della forma di governo fosse lasciata al popolo siriano.
Riguardo alla conferenza di Ginevra-2, Assad si dice dubbioso: «Restano aperti molti punti interrogativi». Mette in discussione la credibilità dei suoi interlocutori: «Chi sono i gruppi che parteciperanno ai colloqui? E che rapporto hanno con il popolo siriano? Rappresentano davvero il popolo siriano o rispecchiano i Paesi che li hanno creati? ». Infine riassume: «Se vogliamo che la conferenza abbia successo, mancano ancora i fattori fondamentali per una sua riuscita ». Sono più o meno le stesse parole pronunciate da Lakhdar Brahimi, l’inviato speciale dell’Onu e della Lega araba, quando ripete: «Senza un’opposizione realmente rappresentativa, la conferenza di Ginevra non potrà essere convocata». E questo, nei timori sempre più pressanti dell’Occidente, espressi dal ministro degli Esteri britannico Hague, lascerebbe Assad come unica alternativa ad Al Qaeda.

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